Ecco i preti novelli: tre dal Varesotto

Sono il bustocco Alessandro Metre, il malnatese Giuseppe Cadonà e il castellanzese Gabriele Colombo. Il rettore del seminario: «Come motto hanno scelto la misericordia, il tema del Giubileo di Francesco»

Sono arrivati i “preti della gioia”. Sono 16 i novelli sacerdoti della diocesi di Milano – 3 dei quali varesotti e 5 destinati a parrocchie e comunità della provincia di Varese – ordinati ieri dal cardinale nel duomo di Milano.
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Con loro i tre varesotti. , quasi 30enne, è originario della parrocchia San Luigi di Busto Arsizio: è destinato ai Santi Nazaro e Celso a Bellano (Lecco) e alla pastorale giovanile decanale. Il 28enne , invece, proviene da Malnate rimarrà nella zona pastorale II, precisamente nella comunità di Sant’Eusebio a Casciago.
Rimarrà a Varese anche , classe 1985, che dalla sua San Giulio di Castellanza sarà in forza all’unità pastorale tra le parrocchie di Biumo Inferiore e Superiore, San Fermo e Valle Olona.

Infine, ecco gli altri sacerdoti novelli destinati alla nostra provincia. A Cassano Magnago è stato assegnato ; opererà nella parrocchia Crocifisso Risorto di Saronno; per primo incarico a San Giacomo e Beata Madre Teresa di Calcutta di Vergiate.
Hanno storie diverse tra loro ma «ciò che li accomuna tutti e 16 è una splendida passione per Gesù, la Chiesa e la gente: sono molto generosi – spiega il rettore del seminario arcivescovile di Venegono Superiore,

don – Li accomuna la gioia, ma anche la misericordia», che hanno scelto per motto a maggio dello scorso anno: “Tutto possiamo sperare dalla tua misericordia”.
«Quando siamo andati a Roma con i diaconi, papa ha detto loro: “Voi mi consolate per aver fatto questa scelta. Pregate perché devo decidere una cosa importante per la Chiesa”». Una settimana dopo è arrivata la notizia del Giubileo della Misericordia.
«Questo è il tempo della misericordia – ha aggiunto il pontefice, come ricorda Di Tolve – il momento in cui coniugare insieme verità e tenerezza. Non sono misericordiosi i preti di manica larga che scusano tutto, senza educare. È un modo per scaricare fedeli, problemi e peccati. Non lo è nemmeno chi comunica una regola, in maniera rigida, senza guardare negli occhi». Bisogna invece «prendersi sulle spalle al vita della gente e guidarla passo dopo passo nel vivere il Vangelo».
I ragazzi da allora hanno capito «quanto sia stato provvidenziale aver scelto un anno fa quel motto – riprende don Michele – Significa essere pastori e prendere a cuore la vita della gente così com’è».

È uno scopo molto delicato, «una missione importante richiede continuo discernimento».
Ma cosa significa diventare prete nel 2015? «Per loro significa essere attesi», come hanno ribadito durante il ritiro spirituale che ha preceduto l’ordinazione. «Ci rendiamo conto – hanno detto – che da quando siamo diventati diaconi, a settembre del 2014, la gente ci aspetta, desidera ancora qualcuno che le parli di Dio». Hanno potuto scoprire e aver colto che c’è un bisogno di vera umanità, e dire «ecco la mia vita, perchè possano conoscerti e incontrarti».
Hanno percepito che li aspettano, «che sono desiderati e cercati – riprende il rettore – La gente non è indifferente alla loro presenza e al loro messaggio. Persino i non credenti vogliono dialogare. Questo ci dà da riflettere, perché Dio è interessante per la vita di tutti».
Molti dei nuovi sacerdoti opereranno nelle comunità pastorali, sempre più presenti e articolate realtà della diocesi ambrosiana. «Da quando esistono ci rendiamo conto che siamo chiamati ad attuare sempre più le indicazioni del Concilio Vaticano II: il prete unito al vescovo e al presbiterio. Significa comunione di preti e laici che lavorano insieme nel cuore della Chiesa che testimonia il Risorto. Tutto ciò implica una formazione alla corresponsabilità».