Casa Onesimo. «Un esempio virtuoso tra tanta confusione»

Venti i richiedenti asilo. Focus sulla struttura di via Lega Lombarda che pratica il modello dell’accoglienza diffusa

La comunità di Casa Onesimo attualmente ospita venti richiedenti asilo (in gran parte nigeriani e maliani, più due del Ghana), a fianco di cinque persone dell’area carcere, seguite da uno staff di tre educatori professionali, tre custodi, un coordinatore e venti volontari.
«Gli ospiti più “vecchi” – racconta Angelo Rossi, coordinatore della struttura di via Lega Lombarda – sono qui da più di un anno, anche se alcuni di loro, facendo seguito all’appello di Papa Francesco, sono stati accolti all’interno delle parrocchie del Decanato di Busto Arsizio».

È l’evoluzione del modello di accoglienza di Casa Onesimo, la sperimentazione di un’accoglienza diffusa, all’interno di appartamenti messi a disposizione dalle parrocchie.
«Un modello ancor più virtuoso, che però fa aumentare i punti di domanda – spiega Oliviero Motta, consigliere di Intrecci – esiste il rischio che queste persone, che hanno maggiori possibilità di essere integrate, vengano sradicate una volta che l’iter di riconoscimento dia esito negativo». Sì, perché al di là degli sforzi fatti con esperienze come Casa Onesimo,

nella gestione dell’accoglienza dei profughi «regna la confusione», soprattutto per le prospettive di queste persone. «È un grande punto di domanda – ammette Motta – l’esperienza della prima emergenza Nordafrica ci dice che le possibilità di procedere ai rimpatri sono basse e l’esito in quel caso fu il “liberi tutti”, dando dei soldi alle persone e lasciandole libere di andare, non si sa dove. Su quel fronte è la politica che deve fare dei passi. Oggi ci sono persone che stanno nei Cas avendo già vista riconosciuta la protezione umanitaria e che, in teoria, dovrebbero uscire, ma senza prospettive».
Eppure alcuni tra i profughi potrebbero costruirsi un futuro: «Ci sono ragazzi con una capacità tecnico-produttiva sulla carta notevole che dal punto di vista professionale non avrebbero difficoltà a collocarsi nel mondo del lavoro – fa notare Angelo Rossi, coordinatore di Casa Onesimo – ma sono una piccola percentuale, perché nell’ultima ondata il livello culturale si è molto abbassato. Se cinque anni fa c’erano molte persone preparate e con un curriculum scolastico, ora arrivano anche ragazzi analfabeti nella loro lingua».