Il patrimonio di Busto si affaccia sul mare

Farioli: «Occorre raccogliere le sfide del prossimo futuro e garantire investimenti per il sociale»

La storia delle Colonie di Busto affonda i suoi primi passi nei primi anni del Novecento, se non gli ultimi dell’Ottocento, quando nasce un Comitato che si autodefinisce Opera pro colonie, trasformatosi poi in “Comitato pro colonie comunali”. Secondo le migliori tradizioni della città, ma anche una linea di governo che pare essere uscita vincente anche dallo scorso confronto elettorale, è sempre la collaborazione stretta tra l’amministrazione comunale e l’intelligente liberalità e disponibilità economica di privati cittadini e industriali locali a garantire soprattutto ai bisognosi cure climatiche,

che si tengono prima alle Colonie di Loano e Varallo Sesia, poi in quelle di Ceresole e San Fedele d’Intelvi oltre che nella nota Colonia Elioterapica cittadina. L’avvento del fascio porta a una centralizzazione della gestione delle colonie attraverso la Gioventù Italiana del Littorio. Che, soppressa nel ’45 a seguito della Liberazione, comporta però l’avocazione centralista e statalista allo stato della Colonia di Loano. È qui che comincia la storia, insieme esemplare e quasi leggendaria della Colonia marina di Alassio. Il “Sorriso dei Bimbi” che , come ricorda una lapide marmorea con l’iscrizione della data 21 giugno 1951, viene costruita in seguito a donazione di parte della collina san Nicola dal commendator Luigi Borri insieme con la collaborazione del Comitato pro colonie di cui lo stesso Luigi Borri è presidente. Anche il “Sorriso dei Bimbi” nasce all’insegna di una sinergia, direbbero oggi i soloni dei briefing, tra l’amministrazione e il comitato colonie. La spesa complessiva fu di 87 milioni e 400 mila lire, escluso l’arredamento. Il Consiglio comunale di allora approvò la costruzione accettando il lascito del commendator Borri e dei suoi eredi e finanziando la realizzazione stessa con 70 milioni di lire. I trenta milioni per la restante quota comprensiva dell’arredo viene assunta dal Comitato pro colonie attraverso sottoscrizioni private oggi definibili come “crowdfunding”. Ebbene, il lascito vincolava in perpetuo la struttura, ampliatasi successivamente con ulteriore donazione da parte del commendator Borri e dei suoi eredi, di un terreno di ben ottomila metri quadri in più per l’assistenza scolastica e sociale ai minori. La Colonia, per molti anni addirittura sede di un intero ciclo di scuole dell’obbligo che portò al diploma elementare intere generazioni di bustocchi per lo più di ceti non abbienti, fu progressivamente abbandonata per destinarla a vacanza marina di ragazzi non solo del nostro comprensorio. Oggi , nella nuova e sempre mutevole situazione socio-demografica, grazie soprattutto all’intelligente generoso e solidale ruolo giocato dagli eredi del Commendatore in stretta collaborazione ed accordo con l’amministrazione comunale uscente (sarebbe meglio dire uscita), la colonia “Sorriso dei Bimbi” continua a essere un patrimonio della Città di Busto, una casa al mare di ogni cittadino di Busto Arsizio, su cui nessuna famiglia è chiamata a pagare Imu e Tasi ma di cui la città tutta può e potrà fruire valorizzandone le enormi potenzialità. Con delibera del 2010, la giunta municipale ha approvato la modifica della clausola che limitava l’utilizzo della struttura ai minori, rendendone possibile la fruizione per ulteriori e numerosi scopi sociali ed estendendone il praticabile utilizzo ad adolescenti, anziani, disabili, società sportive e ad ogni utilizzo che possa consentirne un ritorno sociale e culturale alla comunità bustocca. È dal marzo 2011 insomma che con atto notarile vige il nuovo accordo ed è dal 2015, terminata la fase di gestione in concessione ad una società cooperativa che aveva vinto il bando realizzato dal commissario Guglielman nel 2005, che in forte collaborazione tra amministrazione comunale, assessorati ai servizi sociali e allo sport, Distretto del commercio, Comune di Alassio e cooperative locali, si sta svolgendo una fase sperimentale di utilizzo che ha come obiettivo l’apertura e la fruizione della residenza per tutto l’anno e per tutte le categorie e persone che vorranno e potranno avanzare proposte in merito. Va da sé che per ora è stato possibile solo un investimento limitato e graduale, anche perché, come ricordato nella seduta delle Primarie delle Idee appositamente dedicata alle residenze di Alassio e di Aprica, si è voluto lasciare all’amministrazione entrante (ormai entrata) l’onore, l’onere e la responsabilità di sceglierne le modalità di gestione più condivise e opportune.
Ho citato anche la Residenza “Comerio” di Aprica, sede delle settimane bianche destinate alle ragazze e ai ragazzi delle ultime classi elementari della città da ormai oltre trent’anni. Anche per l’Aprica esiste un atto di donazione di un altro lungimirante imprenditore bustocco, il commendator Carlo Comerio. Anch’egli membro del già citato comitato, e insignito dal sindaco Rossini nel 1959 della cittadinanza benemerita. Dall’anno in corso anche l’Aprica vive una modalità di gestione sperimentale, tesa anch’essa ad aprire la fruizione, non limitandola a un breve periodo e garantendo comunque le finalità sociali, sportive e culturali su cui sempre hanno fatto leva gli intendimenti dell’amministrazione bustese. È il momento di conoscere. È il momento di condividere. È il momento di riflettere, per la Busto del Futuro, coerente e fedele alle sue migliori tradizioni, immaginando una gestione all’altezza dei tempi, in grado di valorizzare le pietre vive.
Tra le varie ipotesi in campo, mi sono permesso di consigliare nelle Primarie delle Idee due modalità alternative, tra loro non necessariamente alternative, e non chiuse ad altri possibili contributi. Da un lato c’è il possibile bando europeo di project financing, dall’altro la possibilità di costituire una Fondazione che, unendo forze pubbliche e contributi privati, ne garantisca la forte finalità sociale e contemporaneamente possa mettere a reddito queste realtà. Garantendo investimenti e, qualora foriera di redditi, destinata a reinvestirli in capitoli sociali e culturali. La sfida è aperta e sin d’ora diciamo: ci siamo!