«Quelle mura ci racconteranno storie vissute dietro le sbarre. E ritroveremo l’Unità d’Italia»

Conventino ed Ex carceri - Rolando Pizzoli, presidente della Famiglia Sinaghina, ci aiuta a scoprirli

Conventino di via Matteotti ed ex carceri di via Borroni, gioielli da recuperare. «Visitandoli riemerge la storia di Busto. Ma anche idee per il futuro» ammette il presidente della Famiglia Sinaghina, architetto 37enne che ha seguito personalmente le ricerche eseguite negli ultimi anni sui due monumenti, degradati e in attesa di ristrutturazione.
«Per il carcere richiederemo una stratigrafia. Vogliamo scoprire scritte dell’epoca dell’Unità d’Italia» annuncia Pizzoli, che sul “Conventino”, l’ex casa Canavesi Bossi di via Matteotti ha elaborato una tesi di specializzazione congiunta tra le scuole di restauro dei monumenti di Milano e Genova, mentre sull’ex carcere ci hanno lavorato sopra gli studenti dei corsi del Politecnico di Milano e dell’Accademia di Brera, di cui una studentessa con una tesi di laurea sul carcere austriaco.

Nel caso del carcere, è l’edificio che guida il proprio recupero: una grande struttura muraria molto possente, una facciata molto caratterizzata, all’interno un sistema voltato molto pregevole.

È stato immaginato che potrebbe diventare, almeno in parte, un museo di se stesso, oppure un luogo di registrazione e incisione musicale, o ancora una sede della biblioteca multimediale. Sempre valorizzandolo nell’ambito del polo culturale con la biblioteca Roggia e la pinacoteca di Palazzo Marliani Cicogna.

Parliamo di un edificio che risale al 1854: doveva avere una concezione panottica come quello di Torino, invece per ragioni probabilmente economiche è stato costruito con una forma a T.

Ma era già costruito con criteri all’avanguardia per l’epoca, dalle celle molto ampie alla presenza di un asse tra la porta d’ingresso e la finestra per assicurare il ricambio d’aria interno. È stato utilizzato fino al 1983-84 circa, anche perché abbiamo ritrovato dei poster della Nazionale del 1982, per cui è sicuro che a quell’epoca era ancora attivo.

Al suo interno troviamo testimonianze sopravvissute dalle ultime ridipinture, dalla metà degli anni ’70 in avanti. Ma ci stiamo organizzando per richiedere di poter entrare per eseguire una piccola stratigrafia, gratuita, per verificare se ci sono delle scritte molto antiche, perché il carcere era già attivo all’epoca dell’unità d’Italia.

L’abbiamo conosciuto pietra per pietra, entrandoci per due anni e facendo rilievi di ogni locale e di ogni centimetro. È molto affascinante: nei sotterranei c’è una grande cantina voltata di origine cinquecentesca, che rimanda addirittura a quando Busto era una città a cultura vinicola, un passato che si è fermato nella prima metà dell’Ottocento.

Ma all’interno si vedono chiaramente le tracce di varie epoche: quattrocentesche, cinquecentesche e seicentesche, fino ad arrivare ai ferri battuti di inizio secolo. Si vede riemergere la storia della città.

Ad esempio, le cantine voltate sono situate sul lato Nord e non su quello di via Matteotti, questo perché di fronte alla facciata correva un piccolo canale che portava acqua alla vasca centrale di piazza Santa Maria, che è stata chiusa nel 1630. Significa che l’edificio esisteva già ed era già antico nel 1600….

È un edificio molto vasto, diviso in decine di vani, con pareti portanti molto imponenti, sviluppato su due corti.

C’è già un progetto preliminare su più funzioni, prevalentemente culturali: l’idea di Agesp era di inserirvi sedi di associazioni e uffici, un caffè letterario, una biblioteca di quartiere. L’idea guida era di inserire funzioni che possano rendere l’edificio autosostenibile dal punto di vista economico, generando degli introiti: si pensava a studi professionali messi in affitto dal Comune.

Non è stato fatto un progetto vero e proprio, ma idee generali legate in particolare al fatto che l’edificio si affacciava su quella che una volta era la via commerciale più elegante della città, la via Matteotti che era chiamata via Regina Elena.

Ci sono tracce di botteghe storiche del ‘700, suggestioni che vanno dal giardino interno all’area tra lo sterrato di San Michele e il vicolo Clerici da recuperare. Il recupero del Conventino potrebbe fondare le premesse per la restituzione alla città di tutta l’area e per restituire la vocazione originaria della via Matteotti.