Nemo profeta in patria: la storia di Gianadda

Decisamente, i migliori fra noi vengono sublimati non certo sul patrio suolo. Mettiamo Léonard Gianadda, nativo della provincia di Gattinara, mecenate e benefattore dei cui meriti la Svizzera usufruisce a piene mani.
Venuto a Varese per inaugurare la mostra Mediterraneo, suoi scatti risalenti agli anni ’50, ha dato un esempio di quello che dovrebbe essere una persona rispettosa dell’arte ma anche del prossimo. Si è presentato “tout simplement”, senza aver bisogno delle grancasse di cui in genere noi Italici siamo così

ghiotti anche se non abbiamo più nulla da provare. Un uomo che vive in maniera parca, dai gusti semplici e tuttora ancorati alla terra piemontese da cui proviene, una bella polenta e baccalà come solo sa fare una delle sue cugine giunta in città proprio per salutarlo.
Uno che da trent’anni ha l’abbonamento alla Scala ma che se ne va in giro con il suo giaccone in pelle vecchia maniera, senza nessuna velleità mondana.
Ma Gianadda non ha fatto solo dell’arte la sua ragione di vita, la solidarietà, quella fattiva, occupa una larga parte dei suoi obiettivi. «Non sono un teorico del socialismo, io lo pratico, amo condividere e far piacere. Non spendo nulla per me stesso, la mia filosofia si basa sulla riconoscenza e la condivisione». Ecco il pensiero di questo gigante al proprio e al figurato che mi ha confidato sommessamente, quasi timidamente, di essere in procinto di costruire altri 150 appartamenti destinati agli anziani.
A livello sociale siamo davvero gli ultimi in tutto, dovremmo risalire a Fanfani nell’immediato dopoguerra per trovare un esempio valido. Della giustizia non parliamone neppure, è un argomento che fa rabbrividire, con le sue prescrizioni confezionate ad hoc per preservare taluni e che oggi rappresentano vincoli che pesano come macigni nell’espletamento delle leggi, spesso applicate troppo alla lettera per i deboli e aggirate per i potenti.
Evasori milionari dichiarati se ne vanno bellamente a spasso con sfrontata protervia mentre si affibbia una multa di oltre cento euro al barista di Vigevano che ha messo una ciotola d’acqua per dissetare i cani fuori dal locale. Imputazione? Occupazione illecita di suolo pubblico…Requiem all’etica.