«Ho riscoperto quanto sono belle le piccole cose: i viaggi, gli amici»

Il nostro Fabio Gandini intervista Meo Sacchetti, stella e bandiera della Pallacanestro Varese e coach campione d’Italia in carica

Doveva essere un pomeriggio come un altro quello del 21 novembre scorso. Un sabato in cui il basket italiano si apprestava a vivere placidamente l’ottava giornata di andata e il treno delle notizie cestistiche lasciava senza intoppi e senza strascichi ogni stazione toccata. Il cielo si fece nero verso l’ora di pranzo, con i primi rumori sui siti specializzati, di quelli che normalmente scatenano le maratone telefoniche degli amici-colleghi: «Hai letto? Hanno esonerato il Meo». Tuono, lampo e pioggia in un’unica soluzione. C’è che quando diluvia sulla pallacanestro riescono a parlare di lei anche i media che normalmente non se la filano di striscio. Potere delle disgrazie.

È stato fatto un po’ di baccano, effettivamente. Forse ci stava: era una cosa un po’ così… Ma mi sembra già passato tanto tempo e oggi, tornando indietro con il pensiero, quello che è successo non mi tocca più di tanto.

Per tante ragioni. Perché ho passato degli anni splendidi con la Dinamo e nulla di quanto accaduto è in grado di cancellarli. Come faccio a dimenticarmi del bello? Come posso non dire di essere stato felice? E poi va aggiunto questo: ero preparato all’esonero, quindi sono riuscito a gestire con serenità anche la mia lontananza dal basket giocato.

Sono una persona che è maturata molto sotto questo profilo: nella vita possono succedere cose ben peggiori di un esonero. Ora sfrutto il tempo che il destino mi ha concesso per fare ciò che il professionismo mi impediva di fare: cose semplici, possibili. Ma belle.

Viaggiare. Oggi mi trovate a Capo d’Orlando, dove sono venuto a trovare degli amici. Ho fatto il capodanno a Bologna, sono tornato ad Altamura ed erano anni che non riuscivo a farlo. Poi ogni tanto vado a Sassari o vengo con mia moglie a Varese: c’è mio figlio che gioca a basket a Tradate e vado a vederlo.

Non c’è una squadra che abbia il roster della Milano dello scorso anno. E per l’Armani, paradossalmente, questo può essere un vantaggio: non è detto che non riesca a vincere nel 2016. Mi piacciano Trento, Venezia, anche se ha qualche problemino, e poi Reggio, che sta riuscendo bene pur nell’importante assenza di Kaukenas. Ma in generale non c’è una realtà che si stagli sopra le altre. Più in basso vedo una battaglia che andrà avanti fino alla fine: basta una partita vinta o persa per uscire o entrare nella zona retrocessione.

Troppi cambiamenti, troppi giocatori che vanno e vengono, troppe parole: Varese ha bisogno di più pace per andare avanti. Anche il no di Ukic non ha fatto del bene. Ho visto il derby contro Cantù, però, e sono convinto che sia stato giocato molto bene. Mi è piaciuto soprattutto Ferrero: è stato determinante. E ora può ritagliarsi il suo spazio.

Io sono ancora sotto contratto con la Dinamo, ma avrei la possibilità fin da subito di allenare un’altra squadra. È che subentrare a stagione in corso, magari all’estero, è qualcosa che non mi aggrada molto. La prossima estate valuterò le offerte: mi piacerebbe trovare qualcosa in cui credere, non un tappabuchi accettato per non stare fermo.

Io mi sento molto vicino a Carlo Recalcati, anche se lui è molto più vecchio di me (ride ndr). Ci accomuna il fatto di aver giocato molto, di aver avuto una carriera lunga che si è mangiata tanti anni di panchina. E poi siamo affini, soprattutto a livello personale.