«Io via da Varese? Ma se la amo…»

Intervista a Eric Maynor: il ritorno, le polemiche, la voglia di riscatto di un giocatore che divide le folle

C’è un Eric Maynor sconosciuto ai più e forse anche un po’ alla copertina che lui stesso mostra al mondo, quella fatta di una gamma di espressioni atarassiche e flemmatiche, all’apparenza confermata dal rendimento prodotto sul parquet. Il Maynor inedito è quello che ammiri giungendo al PalA2A alle 17.15 spaccate, puntuale per l’intervista concordata mezz’ora prima dell’inizio dell’allenamento pomeridiano. «Eric è già arrivato da venti minuti, sta tirando – ci annunciano sulla porta del palazzetto, con un sorriso, Davide Minazzi e Max Ferraiuolo – Lui è sempre il primo ad arrivare, sia alle sessioni che alle partite… Stupiti?». Un po’ sì, sinceramente…

Un altro Maynor, un’altra storia biancorossa, altrettanto diversa e lontana dalle lacrime sportivamente versate per mesi: seduto sulla panchina normalmente riservata alle squadre ospiti, Eric quasi te la grida in faccia la sua voglia di riemergere e di fa riemergere la squadra. Le sue risposte sono secche e si interrompono con uno sguardo fisso al pavimento, prima ancora che con le parole. Solo una volta il playmaker nato a Raeford, North Carolina, l’11 giugno 1987, ti guarda fisso negli occhi. Succede quando gli chiedi se davvero abbia voluto abbandonare Varese qualche giorno fa: il «Who said?» che arriva, quasi sfidandoti, suona come l’ultima ancora di salvezza disponibile a queste lande cestistiche.


È stata dura, molto dura, però si è vista l’energia che avevamo in campo ed è stato bello ed importante vincere. Dopo la sconfitta contro Torino, il successo in Polonia è come un nuovo inizio per noi. Siamo felici e consci di dover continuare così, prendendo gli aspetti positivi e quelli meno positivi di ogni partita e lavorando per vincere le prossime che ci attendono.

È sempre difficile rispondere a una domanda del genere… Posso dire che la Champions League è stata molto dura per noi, mentre in campionato abbiamo lottato in molte gare, perdendole spesso nel finale. Più che pensare a cosa non è andato, voglio concentrarmi affinché la seconda parte di stagione sia totalmente differente.


Sto molto meglio, sicuramente. Tornare da un infortunio al ginocchio è sempre difficile, non certo una passeggiata, ma ora il mio corpo risponde sempre meglio agli stimoli. Sto cercando di spingere sempre di più, ho buone sensazioni. Poi è chiaro: un giorno vai a mille ed un altro rallenti. Il percorso per me è stato duro, ma ora sono soddisfatto.


Alcune volte ho giocato bene, altre al di sotto delle mie possibilità: sto solo cercando di migliorare giorno per giorno, partita dopo partita. Già in Polonia penso di aver fatto bene, di essere sceso in campo con più aggressività. Il mio pensiero ora è fare tutto ciò che posso per aiutare la squadra a vincere ogni partita.

Caja è una brava persona ed un grande allenatore, soprattutto un ottimo motivatore. Già due anni fa lavorai con lui, perdemmo forse qualche partita all’inizio, poi però la gente si ricorda ancora cosa riuscimmo a fare una volta ingranate le marce giuste. Credo che lo stesso possa accadere ora: tutti hanno iniziato a credere e a trovarsi nel suo sistema e nel modo in cui ci vuole far giocare. Guardiamo tantissimi video con lui, ci sottolinea le cose buone e gli errori. Il lavoro sta pagando e credo che vedremo un lato diverso della squadra nella seconda parte della stagione.


Chi ha detto che volevo andarmene? Tutti sono venuti a chiedermelo, ma la realtà è che io non ho mai detto a nessuno che volevo lasciare Varese. Quello con i tifosi è stato un piccolo incidente accaduto dopo la partita, una cosa che non ha nulla a che vedere con il basket perché successa fuori dal campo. Sappiate che sono contento qui, amo giocare qui e non rimpiango la scelta di essere venuto qui. Anzi, ne sono orgoglioso.


Io e Melvin ci conoscevamo già perché abbiamo frequentato lo stesso college: è stato divertente giocare con lui in un altro Paese fuori dagli States. Dominique è molto forte, tira molto bene, credo che la nostra intesa potrà solo che migliorare di domenica in domenica.


Sto spesso a casa, mi piace giocare ai videogames insieme ad Aleksa Avramovic e agli altri compagni. Ci scontriamo a Fifa: io sono il più forte della squadra, con gli altri non c’è partita…

Ho giocato per cinque anni in NBA e sono venuto in Europa: ora vorrei finire questa stagione e vedere dove mi porterà…Voglio continuare a lavorare duro perché credo di avere ancora diversi anni davanti e sono entusiasta di ciò che mi aspetta.

Mi piace questa lega, ci sono tantissimi giocatori che ho affrontato al college, negli States. È un campionato molto competitivo.


Certo, però la Champions League non è semplice, soprattutto a causa degli spostamenti. È stato difficile andare a giocare in posti strani, prendere aerei, pullman, avere poco riposo. Cerchiamo di finirla nel modo migliore con i due match che ci mancano contro l’Usak e contro l’Oldenburg. Punto.


Assolutamente sì, nella partita vinta in Polonia abbiamo giocato bene di squadra e credo che nella prossima con Usak avremo un’altra possibilità di mettere sul campo i miglioramenti. Le prossime 15 partite saranno totalmente diverse, saremo tutt’altra squadra in questa seconda parte di stagione.

No, e non saremo ultimi quando sarà finito. Abbiamo buttato via tante partite, ad esempio l’ultima in casa con Torino e tanti sono stati i match persi nell’ultimo quarto. Ma ora sono cose passate, pensiamo solo a ciò che ci aspetta.