La farsa è finita: il Varese è fallito

Mercoledì 11 novembre è una data che entrerà negli annali: è il terzo crack della storia della società. I creditori ora devono farsi avanti. L’ultimo patron, Alì Zeaiter, dovrà spiegare molte cose al curatore

Mercoledì 11 novembre 2015 è una data che resterà negli annali perché proprio quello è il giorno del terzo fallimento in 105 anni di storia biancorossa. Il Varese 1910, rinato nel 2004 dalle ceneri del Varese Football Club, ha chiuso così definitivamente la sua vita, ricca di ricordi indimenticabili.

Rifondata da Riccardo e Sean Sogliano, la squadra era ripartita dall’Eccellenza, arrivando seconda dietro al Fanfulla ed essendo costretta a chiedere un ripescaggio a tavolino che aveva suscitato proteste in tutta Italia e perfino interrogazioni parlamentari. Vinta nel 2005 la Serie D, insieme a Devis Mangia, c’era stato bisogno dell’arrivo di Beppe Sannino, nell’ottobre del 2008, per un miracolo unico e forse irripetibile: schizzare dall’ultimo posto della Seconda divisione fino alla Serie B, riconquistata il 13 giugno del 2010, dopo un interminabile quarto di secolo. Sfiorata subito – e per due volte di fila – la promozione in A, era poi incominciata la parabola discendente, che ha portato al fallimento di dieci giorni fa, la cui notizia si è avuta solo in settimana dalla cancelleria del tribunale di Varese ed è stata pubblicata giovedì sul sito della Camera di Commercio.

Ora toccherà al commercialista Bruno Fisco, curatore fallimentare, procedere alla verifica dei crediti di chi ha presentato domanda di ammissione al passivo del Varese 1910. Al momento l’elenco dei creditori non è stato ancora formato ma prenderà sostanza almeno 15 giorni prima della prima udienza, fissata per il mese di febbraio dell’anno prossimo. Chi non è stato pagato dal vecchio sodalizio, scomparso di fatto l’estate scorsa, deve farsi avanti subito ma non è detto che la prima udienza sia già risolutiva, come fa capire proprio Fisco: «Per conoscere lo stato passivo definitivo del Varese 1910 occorrerà aspettare il febbraio del 2017, sempre che ci siano creditori tardivi nel presentare la loro istanza. Provvederò a presentare il progetto di stato passivo con la proposta ai singoli creditori. Se qualcuno di loro la contesterà, spetterà poi al tribunale stabilire se il reclamo è fondato o meno».

Fisco settimana prossima sarà fuori Varese per impegni professionali e al rientro, dunque verso la fine del mese, procederà al censimento dei beni della vecchia società. Dovrà quindi incontrarsi con l’ultimo amministratore del club.
Provate a ricordarvi di chi si tratta. Ma certo è Alì Zeaiter, libanese che aveva patteggiato 3 anni e sei mesi per una truffa riguardante la compravendita di auto pagate con assegni falsi: dopo un periodo in carcere e un altro ai domiciliari, deve essere ancora affidato in prova ai servizi sociali per i due anni che restano. Quando era stato presentato in pompa magna nel salone dei matrimoni del Comune di Varese, in molti si era spellati le mani per applaudirlo: peccato che sarebbe uscito di scena, neppure tre settimane più tardi, con una raccomandata, preannunciata da un fax, in cui annunciava il disimpegno (e di fatto la morte del club).

Gli è rimasto il classico cerino acceso in mano, come si dice, perché dovrà spiegare tante cose a Fisco. Indicando innanzitutto quali sono i cosiddetti cespiti del Varese 1910, che sono i beni di proprietà del vecchio sodalizio, parte dell’attivo patrimoniale. Il curatore ne verificherà l’esistenza e nel caso alcuni siano in locazione, avrà la facoltà di richiederli o di concedere il proseguimento del contratto.
Uno dei beni immateriali è il marchio del Varese 1910 e dunque anche questa denominazione a cui,

come si sa, il nuovo sodalizio, ripartito dall’Eccellenza l’estate scorsa, ha dovuto rinunciare. Se il Varese Calcio avrà intenzione, anche in futuro, di reclamare il vecchio nome dovrà rivolgersi a Fisco per avviare la procedura. L’unico cespite attualmente ben visibile della società fallita lo scorso 11 novembre è appunto il marchio con il nome, che potrebbe consentire il riparto ai creditori di qualche bel soldino.
Fisco, da bravo curatore, indagherà comunque a 360 gradi per chiudere la pratica del terzo fallimento della storia, dopo quello del 1988 e l’altro del 2004.