Orgoglio in carrozzina: dal nulla, ai playoff

Quella che sembrava una proposta lanciata nel vuoto è diventata una splendida realtà, tanto da raggiungere i playoff.

Diavolo come corrono quelle carrozzine: corrono, anzi volano. Vanno lontano e non hanno nessuna intenzione di fermarsi: provateci voi, se potete. Quattro anni fa erano un sogno, un’intenzione, un’idea. Un volo di Roberto Bof che dal palco del Vela lanciò la palla a Cecco Vescovi: «Mettiamo in piedi la squadra, facciamo di Varese la vera Basket City d’Italia: l’unica a primeggiare nella pallacanestro in piedi e in quella in carrozzina».
La gente applaudì, quella sera, e noi storcemmo il naso perché sembravano i soliti applausi di chi dice “bene, bravo, bello” e poi dopo un po’ se ne dimentica. Invece, chissà come, questa è una storia diversa: anzi, una diversamente storia.
Perché è successo che quel pallone lanciato è stato raccolto da qualcuno, e questo qualcuno l’ha passato al suo vicino che è riuscito a fare canestro: insomma, nelle squadre che vincono le partite si fa così.

La Pallacanestro Varese ha accettato la sfida e l’ha messa nelle mani giuste (bravo, Mario Oioli), mani che hanno scelto le persone giuste (bravo Carlo Marinello, Antonio Bazzi e tutti gli altri), persone che hanno fatto le cose giuste. Lungo la strada gli amici dell’Handicap Sport hanno trovato un grande amico di nome Renzo Cimberio che ha deciso di legare il nome della sua azienda a questa avventura. La squadra è partita da lontano, dalla serie B,

senza paura di alzare la testa e sparare: «Vogliamo tornare in serie A perché quello è il posto di Varese». Partita dopo partita gli spalti della palestra di Valle Olona si sono riempiti tanto che quella palestra è diventata troppo piccola e ci si è dovuti trasferire al Palazzetto di Malnate. Anche perché questi ragazzi si son messi a vincere partite, una via l’altra: promozione in serie A2, poi il salto in serie A1, ora l’ennesimo mezzo miracolo. Perché con la vittoria ottenuta sabato scorso i ragazzi della “Cimberio seduta” (ormai si chiamano così) hanno centrato i playoff, alla loro prima esperienza nella massima serie. Ed è un po’ come se gli applausi di quella sera al Vela fossero continuati fino ad oggi, diventando ancora più forti e scroscianti.

Perché ci piacciono così tanto? Semplice: perché non pensano che sia tutto dovuto, che loro in quanto disabili debbano avere delle vie preferenziali o dei diritti acquisiti. Ci piacciono perché non hanno mai chiesto nulla ma si sono conquistati tutto, e ci piacciono perché loro giocano per vincere ma non solo. Ci piacciono perché la palestra dove loro si allenano si è riempita di gente nuova, ragazzi costretti in carrozzina che hanno voluto provare a prendere in mano la loro vita imparando a giocare a basket.
Dal nulla ai playoff nel giro di quattro anni: bello, ragazzi. Ora non vi fermate, ma continuate a correre. Ora non montatevi la testa, ma continuate a essere voi stessi. Ora non pensate di essere arrivati, ma continuate a sognare traguardi nuovi. Siete la storia più bella di questa città: rendeteci orgogliosi di noi.