Un lampo che ti passa davanti. E ti resta dentro

Il Giro d’Italia transita per Busto Arsizio e la magia si compie: tutti in strada, in una festa popolare. Pochi secondi bastano a scaldare il cuore

Le tabelle orarie della tappa indicavano un passaggio fra le 13,30 e le 13,50. Ma alle tredici la gente era già ai bordi delle vie cittadine in attesa del passaggio dei corridori. E meno male perché i girini sono andati ad una media di oltre cinquanta all’ora.

Già un’ora prima abbondante Busto era in fermento per il passaggio della colorita e vociante carovana che ha fatto sosta in Piazzale Crespi presso la Pasticceria Paganini. L’adrenalina è andata in crescendo con l’approssimarsi dell’arrivo dei corridori. Si perché Busto non è stata la città di passaggio che da Valdengo li avrebbe portati a Bergamo, ma anche la sede di un traguardo volante.

Che non avrà certo il prestigio di un arrivo di tappa, ma nell’edizione numero 100 della corsa rosa, scolpisce il nome della città, seppur in piccolo. Era posto in viale Alfieri e vi ha vinto .

I corridori sono entranti in città da Lonate Pozzolo percorrendo via Amendola, inforcando il cavalcavia di Sacconago e poi via Deledda e lungo i viali Pirandello ed Alfieri fino appunto al piazzale Crespi con l’ultimo pezzo cittadino di viale Borri, accompagnati dall’incitamento e dall’applauso di gente di ogni età. Si, perché nel ciclismo non vi è il tifo contro, ma l’incoraggiamento per tutti. Eppure lo sfilare dei corridori ed il frinire delle catene dura solo qualche secondo, sufficiente però per rapire uno sguardo alla maglia rosa oppure individuare il volto di E tutto questo ti riempie. Ti soddisfa.

Perché hai avuto la fortuna di essere partecipe di un evento che fino al giorno prima vedevi in televisione ed ora hai la possibilità di fotografarlo nelle tue pupille. O nel tuo smartphone. E’ la magia del Giro d’Italia che trascina fuori la gente dalle case anche nell’orario del desinare e per di più domenicale.

«Il Giro d’Italia non morirà mai perché va incontro alla gente e non viceversa; le storie vengono tramandate di padre in figlio ed allora ogni anno la gente va sulla strada quasi per ringraziarlo», sono le parole dell’avvocato (bustocco di adozione) che per qualche decennio è stato il direttore della corsa rosa.

«Non ho finito di pranzare – ci racconta uno sportivo che arriva trafelato sul cavalcavia di Sacconago mentre stanno già passando le motociclette della Polizia Stradale – ero davanti alla televisione ed ho visto i corridori passare il ponte del Ticino. Ho piantato lì tutto tra lo stupore di mia moglie ed ho subito preso la macchina per non perdermi la corsa. Meno male che ho fatto in tempo».

Giusto per ascoltare quella di radio-corsa che annuncia da lì a qualche minuto l’arrivo dei fuggitivi e con l’elicottero delle riprese televisive che le cui pale sembrano emanare nell’aria il profumo del Giro d’Italia. L’attesa è un’emozione impareggiabile, un filo invisibile che unisce tutte le generazioni con il cuore che fa allungare il collo per vedere i corridori. E dopo il loro passaggio si sta lì per gustarsi anche lo sfilare delle ammiraglie. Perché anche loro sono il Giro d’Italia.

Allungano quei momenti, quegli attimi che tanto hai aspettato. E solo quando appare il furgone che annuncia il “fine corsa”, ti convinci che è il momento di andare. Correndo però a casa per vedere la tappa in televisione e dirti che è anche un po’ tua. Che il Giro d’Italia è passato vicino a casa tua; i corridori hanno attraversato le strade della tua città: Busto Arsizio.