«Sul palco la mia vita in cerca di amore»

L’intervista a Luca Barbareschi, tra le altre cose, attore di cinema e teatro

Pezzi di vita e palcoscenico intrecciati insieme. Con “Cercando segnali d’amore nell’universo”, one man show ironico ma anche molto emozionante, Luca Barbareschi festeggia i suoi quarant’anni di carriera artistica, in cui ha alternato teatro, cinema e televisione passando da attore a regista a produttore, fino a conduttore e sceneggiatore. Lo spettacolo, con la regia di Chiara Noschese e arricchito dalla band di Marco Zurzolo, è in scena al teatro Manzoni di Milano dal 19 febbraio all’8 marzo (biglietti 15/21/32 euro, info e prenotazioni 02.7636901).


La mia vita è piena di buchi neri affettivi. Ho sempre cercato segnali d’amore nel lavoro, nella vita privata. L’amore è una forza pazzesca, è riuscito a cambiare la mia vita. Mi ha insegnato a volermi bene, ad accogliere e ricevere amore. È un aspetto importante.


L’ho scelta come regista perché la stimo moltissimo professionalmente, insieme abbiamo fatto un lavoro complicato: trasformare il mio privato in qualcosa di universale in cui il pubblico potesse riconoscersi. Nei film c’era sempre qualcosa di mio, ma a teatro è la prima volta che racconto me stesso in un percorso emotivo e spirituale dal sapore universale.


La mia vita, la musica, l’ironia pungente di Mamet, l’entusiasmo visionario di Cervantes, la saggezza di Shakespeare tutto diventa una treccia emotiva.


Si parte dal periodo antecedente la mia nascita a Montevideo in Uruguay, quando ancora nella pancia di mia madre, sulla nave che la portava in sud America con la Compagnia dei Giovani, avvenne il mio singolare avvicinamento al teatro. Mia mamma era una donna bellissima, colta e raffinata, ballava con il produttore Lucio Ardenzi. Mio padre, invece, era un ingegnere ma suonava il piano e la fisarmonica e si è esibito con i più grandi jazzisti.


Sì, è il momento più intenso dello spettacolo. Un tema che mi sta molto a cuore; durante il periodo parlamentare ho fondato un’associazione che ho deciso di chiudere quest’anno dopo sei di attività, perché alcune cose non mi convincevano più.


La racconto come cosa per cui non ero adatto e lo faccio con le parole del “Gattopardo”. Sul palcoscenico si racconta la verità con la finzione, mentre in politica si è costretti a non dire mai la verità. Inoltre potere e creatività sono due cose contrastanti.

Fisicamente sì, perché racconto, canto, ballo, suono il piano e non c’è intervallo.

Sta per uscire una fiction sulla vita del grande campione di atletica Mennea, di cui sono anche coprotagonista. Dopo il film su Olivetti è una delle cose più belle che ho prodotto, perché racconta i valori etici dello sport.