Una storia vera, che deve ancora accadere. Dentro “La locanda dell’Ultima Solitudine”

Il libro di Alessandro Barbaglia sarà presentato oggi alle 18.30 a Villa Toeplitz

È tratto da una storia vera, ma «non ancora accaduta» il romanzo «La locanda dell’Ultima Solitudine» (Mondadori), vincitore del Premio Selezione Bancarella 2017, di , che sarà presentato oggi, giovedì 6 luglio, alle 18,30, ai Giardini Letterari di Villa Toeplitz. Il libraio e poeta novarese, autore di raccolte di racconti e appassionato di giochi di parole, con il suo romanzo d’esordio, è riuscito a dipingere un poetico affresco sull’attesa e il suo fascino.

Di fatto mancano ancora due settimane a quel lontano 20 luglio 2017 di cui parla il libro, la data in cui, nel 2007, Libero ha prenotato un tavolo alla piccola Locanda dell’Ultima Solitudine «una locanda dispersa nel punto più lontano della costa, dove anche il maltempo arriva di rado perché non è così semplice raggiungerlo un posto così isolato».

Piccola perché c’è spazio solo per due persone: «Era un salone grande, sproporzionato per quel posto che a chi voleva mangiare offriva un solo tavolo e due sedie ma dalla finestra mostrava il mare. Enrico aveva costruito tutto con le proprie mani sul vertice estremo dello scoglio di Punta Chiappa». In quella locanda tutta di legno, tra pareti scure e finestre piene di luce, arroccata sul mare, la vita di Libero cambierà. Il segreto è saper aspettare, ed essere certi che «se qualcosa nella vita non arriva è perché non l’hai aspettato abbastanza, non perché sia sbagliato aspettarlo». Libero attende anche l’amore, la donna che immagina e che ancora non conosce.

«Lei avrà labbra rosse. Sempre così, rosse, che il mare ci si rifletta dentro o che ci sia il vento della collina a farla starnutire. Che pianga, sorrida, preghi o maledica. Rosse labbra di carne, attraversate da un fremito che poi è lo stesso che scuote anche quelle di lui».

Come Libero, anche Viola, «un fiore un po’ selvaggio», aspetta, non ha la forza di andarsene da Bisogno, il piccolo paese in cui abita da sola con la madre Margherita (tutte le donne in famiglia portano il nome di un fiore), dopo che il padre è misteriosamente scomparso.

E non ha ancora capito del tutto come si fa ad accordare i fiori, perché «i fiori vanno accordati, perché se no si scordano. E un fiore scordato è solo un ricordo appassito. La collina di Bisogno è piena di fiori scordati».

In attesa di lei, Libero vive in una grande città, in una casa con le pareti dipinte di blu, perché era finito l’arancione al negozio, quasi del tutto vuota, tranne che per un televisore sempre spento, un divano blu e un imponente baule bianco, che custodisce un tesoro: la mappa per seguire i propri sogni.

Quegli stessi sogni che, seguendo l’insegnamento della nonna di Viola, vanno seminati d’inverno, perché se resistono al gelo e al vento, in primavera sbocciano splendidi e forti, e, proprio in quel momento, bisogna accordarli, e non abbandonarli più.

«Nella vita, anche le cose migliori, quelle che sembrano andare sempre per il verso giusto, sono giuste perché qualcuno le aggiusta, continuamente».

È dalle cose rotte, che nascono le “rotte” per le navi e per la “Locanda dell’Ultima Solitudine”, incastonata nel “posto più bello del mondo:scavato nello scoglio e nel mare come una nave mancata”, che sorge proprio dove il cielo bacia il mare e dove il destino scrive le sue storie, a patto che i protagonisti non abbiano troppa fretta di arrivarci.