«Fotografavo la bella vita. Poi decisi di crearla io…»

Il personaggio - Claudio Conversi, padre della neonata Opera Rock di Jerago, si racconta: «In Versilia la svolta»

Vi abbiamo parlato della sua nuova creatura, “Opera Rock” a Jerago con Orago nelle scorse settimane. Ora però abbiamo deciso di raccontarvi di questo eclettico personaggio, protagonista della rivoluzione culturale in ambito musicale in Italia a cavallo degli anni ’70 e ’80. Stiamo parlando di , proprietario di due dei più grandi music club in Italia, l’Odissea 2001 e il Rolling Stone di Milano, e secondo editore italiano della rivista Rolling Stone. Fotoreporter e amante della movida, lui ama definirsi «un marchettaro» perché durante la sua carriera di fotoreporter ha offerto i suoi servizi al miglior offerente. Poi, il trasferimento a Viareggio dove, negli Anni 70, seguiva per il quotidiano “La Notte” la vita mondana della Versilia. Ora Conversi ha 65 anni, ha una casa a Porto Ceresio dove trascorre alcune delle vacanze estive e un bagaglio di storie incredibili da raccontare.

Diciamo che il trasferimento a Viareggio mi ha cambiato la vita: lì vivevo bene! Non mi ricordo di aver mai pagato un conto al ristorante o in un locale. Così, diventai un vero e proprio festaiolo. Ad un certo punto mi ero stufato di fare il dipendente, così comprai un locale ad Albenga, il Gipsy Queen. Lo tenni per una sola stagione e poi lo rivendetti: volevo un posto a Milano.

Un mio amico, mi disse che in via Forze Armate 42 vendevano un locale: il Rosa Munda. Lo comprai. Ero stato, poco tempo prima, a Los Angeles in una palestra con i pavimenti in legno, grandi finestroni, un palco in fondo alla sala dove suonavano quasi tutto il giorno musica rock e la gente si divertiva. Così, rivoluzionai il locale: tolsi i tavolini e i divanetti e misi un grande palco. Da noi, alla fine degli anni ’70, nei locali trovavi la disco: decisi di aprire un locale dove si potesse ascoltare solo musica rock. Nel 1979 nacque così l’Odissea 2001.

La prima sera ci fu subito il pienone. Il 2001 diventò subito un crogiolo di punk, metallari e, soprattutto, new wavers.

Sì. Credo che lo show inaugurale sia stato quello dei bolognesi Gaz Nevada. Poi a seguire, Pop Group, Gang Of Four e Slits. Bhe, la serata davvero indimenticabile fu quella dove, sullo stesso palco, si esibirono Bo Diddley e Cassius Clay.

Il più celebre e prestigioso dei periodici musicali, arrivò in Italia agli albori degli anni ’80. Ma la sua è una storia travagliata, durata pochi mesi, interrotta per di più da un brusco passaggio di consegne. Fui editore, se non ricordo male, dal 1980 al 1982. Mi torna in mente la sede di lavoro, innanzitutto: tre locali più bagno alle spalle di viale Cassala, con bottiglie di whisky sparse ovunque. Un ambiente molto bohemienne come doveva essere,

in origine, quello del Rolling Stone americano. Con la differenza, con tutto il rispetto, che loro avevano i Grateful Dead e noi avevamo i Nomadi. Troppo tardi o troppo presto, forse, per i tempi, i gusti e i modelli di comportamento allora imperanti: dovemmo fare i conti presto con la dura realtà. Noi provammo a cavalcare quell’onda di rinnovamento culturale e non solo musicale, ma il pubblico purtroppo non ci seguì. Nel mentre mi proposero di comprare un secondo locale. Non seppi resistere, mi buttai in questa nuova avventura e aprii il Rolling Stone.

Iniziai a produrre e finanziare anche alcune tournée prestigiose, per esempio quelle di Prince e Sting tra il 1986 e 1988. Poi, negli ultimi anni, per motivi familiari mollai tutto e decisi di staccare la spina andando a trovare un amico di Varese in Thailandia. Ora sono di nuovo in pista e da ieri sera l’Opera Rock è aperta al pubblico e agli amanti del rock.