“Spaccare l’Insubria? Una follia” E sale la rabbia tra i ricercatori

VARESE «Non c’è alcuna possibilità di dividere Como da Varese, quest’ipotesi per l’università dell’Insubria è follia pura». La preside della facoltà di giurisprudenza Maria Paola Viviani Schlein replica così a Paolo Bernardini, ordinario di storia moderna della sua stessa facoltà, che ieri aveva avanzato la proposta di creare sul Lario un polo universitario autonomo, l’università «Alessandro Volta».
«Il collega, molto bravo e simpatico, purtroppo è assolutamente all’oscuro di tutti i meccanismi universitari – dichiara la preside –

Nel momento in cui vengono tagliati i fondi agli atenei più piccoli, sono richiesti difficili requisiti di docenza, la tendenza è l’accentramento e il Ministero non fa nemmeno mistero di voler chiudere diversi corsi di laurea perché sono troppi, pensare che possa reggere un’università staccata a Como, con un bacino di utenza di soli 3mila studenti è semplicemente follia».
Di certo, però, non un’idea isolata fuori dal mondo universitario, se la proposta del professore ha ottenuto subito l’appoggio del vicesindaco di Como, Ezia Molinari: «Fa specie anche che ne discutano i politici, non c’è nessuna possibilità di dividerci da Varese – taglia corto la professoressa Viviani – Forse l’uscita del professore Bernardini è stata male interpretata, ora però vediamo di lavorare alle ipotesi concrete, invece che occuparci di fandonie».
E i problemi attuali sono innanzitutto quelli legati alla riforma universitaria che ha scatenato la protesta nazionale dei ricercatori, arrivata alle fase più delicata anche all’Insubria.
L’87,65% dei ricercatori dell’ateneo si dichiara «indisponibile» alla didattica (pronto cioè a bloccarne di fatto l’attività limitandosi allo stretto indispensabile). Quelli delle facoltà di scienze – sia a Varese che a Como – e di economia sono pronti all’astensione, per medicina si attende un incontro con il preside lunedì. A giurisprudenza, invece, la facoltà ha già deliberato il ritardo di una settimana dell’inizio delle lezioni «per manifestare il proprio dissenso alla penalizzazione complessiva della docenza universitaria e in solidarietà con le rivendicazioni dei ricercatori». «Il ritardo – precisa la preside – pur rappresentando la protesta simbolica ma ferma del corpo docente contro i recenti provvedimenti del Governo non mette in alcun modo in pericolo il regolare e positivo funzionamento della facoltà e della sua offerta formativa per l’anno accademico che sta per cominciare».
Piero Orlando

s.bartolini

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