Addio Rosetta. La sua storia si intreccia alla vita di Velate

E ora la sua partenza terrena si unisce al nuovo progetto che la figlia Augusta porta avanti in Nepal

Se n’è andata sorridendo, la Rosetta, pochi mesi ai cento anni, la cittadina velatese più anziana. Ce lo racconta Augusta Piccoli, la figlia di Rosetta, rimasta sola a Velate perché i due figli grandi ormai sono sistemati a Milano e a Comerio. «Sento una grande mancanza, ma in un certo senso lei mi ha guidato verso una scelta che ora riempie la mia vita».

Il vaggio

Augusta parla del viaggio fatto «quasi per caso» lo scorso aprile, un mese in Nepal. Mamma Rosetta le aveva dato il benestare: non c’era da preoccuparsi perché nonostante l’età, la salute era buona. L’esperienza di Augusta in Nepal è molto toccante: un viaggio non convenzionale, in visita ad alcuni monasteri vicino a Katmandu.
Si ferma a Boda, dove c’è un convento che raccoglie bambini abbandonati. «Sono bimbi molto piccoli, raccolti dai monaci per strada, per toglierli ad un destino di povertà

assoluta, forse anche di rapimenti. Non sanno da dove arrivano, e neppure come si chiamano. Ti guardano con i loro occhi impauriti e non parlano. Non ho potuto fare a meno di pensare ai miei nipotini».
Molto intenso anche l’incontro con il lama che si occupa dei piccoli, che non chiede nulla per sé, ma è come se indicasse ad Augusta la via: davanti ad una scodella di riso e lenticchie condivisa in semplicità, nasce la consapevolezza: «Dobbiamo fare qualcosa per aiutare».

Augusta sa bene cosa significa una vita di dolore e solitudine: la sua è stata segnata da gravi perdite, che si sono concentrate in alcuni durissimi periodi della sua vita. Le appare chiara la motivazione del viaggio stesso: è stato uno strumento per trovare la forza di affrontare la partenza della mamma che, vista l’età di 99 anni, non appare lontana. «Scherzava sempre Rosetta, diceva che tre numeri per segnare la sua età erano troppi. Era minuta di costituzione, ma aveva un carattere forte; era un generale, voleva decidere tutto lei. Fino all’anno scorso seguiva gli avvenimenti leggendo i giornali», racconta Augusta, «e ci diceva che per sistemare tutte le cose che non vanno a questo mondo, ci voleva Mussolini, e ci ammoniva: voi ne vedrete delle belle.
Dopo l’operazione di cataratta leggeva sempre meno, e si sentiva un pochino inutile, non poteva più fare le scale, ma ricordo ancora com’era felice in quell’ultima passeggiata in carrozzina sotto casa lungo la via Montanara».

Al rientro dal Nepal, parte un piccolo tam tam e Rosetta coinvolge alcuni amici, che iniziano a donare delle piccole somme. Il funerale della mamma è l’occasione per chiedere non fiori, ma un’opera di bene: dare una mano a quei bambini abbandonati. Arrivano subito tante risposte di solidarietà: «Sento che mia mamma ci mette qualcosa di suo», dice Augusta. E così, si intrecciano la partenza terrena di Rosetta con il nuovo progetto di Augusta in Nepal, dove si recherà agli inizi del prossimo anno per portare personalmente i contributi che saranno stati raccolti (chi volesse contribuire può rivolgersi a don Adriano in parrocchia).