«Costi? No, investimenti. È la vera battaglia politica»

Galimberti, Reguzzoni, Leonardi, Macchi e don Violoni

Sorpresa, il dibattito sul referendum a Castellanza fa il pienone. Merito soprattutto degli organizzatori di “Area giovani”, che hanno saputo coinvolgere tanta gente ad ascoltare il dibattito organizzato nella Biblioteca di Castellanza. A confronto, come ormai d’abitudine in questa strana campagna elettorale referendaria, c’erano tutte le diverse sfumature del Sì, da quello degli esponenti politici di centrodestra (il leghista e il forzista ) a quello di un sindaco Pd () fino a quello del Movimento Cinque Stelle (),

ma anche il punto di vista di un religioso molto vicino al mondo giovanile come don , figura nota nella nostra provincia e attualmente prevosto di San Giuliano Milanese. Quest’ultimo, senza prendere posizione, ha chiarito il corretto rapporto tra sussidiarietà e solidarietà per far capire come l’autonomia non sia necessariamente una scelta “egoistica”. I riferimenti sono al «principio di sussidiarietà, concepito da Pio XI contro gli stati totalitari, secondo cui il livello inferiore chiede maggiore spazio a quello superiore se può fare meglio, risultando anche un principio di efficienza. Ma alla sussidiarietà verticale deve accompagnarsi a quella orizzontale, altrimenti la Regione diventa un altro Stato».

La “grillina” Macchi difende soprattutto il concetto della partecipazione: «Sarebbe bene abituarsi ad essere interrogati con i referendum da enti più vicini ai cittadini e più in contatto con le loro esigenze». Sull’utilità e sui costi della consultazione i pareri sono discordanti: Reguzzoni chiede di «non prendere in giro la gente, visto che Maroni ha chiesto più volte di abbinare il referendum ad altre tornate elettorali». E se Leonardi difende i costi del referendum ribaltandoli «come investimento, per ottenere più competenze e per far partire la sperimentazione sul voto elettronico», Galimberti pensa già al 23 ottobre: «Da lì parte la vera battaglia politica, visto che i temi dell’autonomia sono ormai patrimonio politico e finalmente ci sarà la possibilità di unirsi tutti quanti per chiedere maggiori spazi al governo». Non manca qualche scintilla, come quando Giampiero Reguzzoni critica la «gara ad essere autonomisti» puntando il dito contro «il sindaco di Varese che oggi è autonomista ma dieci mesi fa era a favore di un referendum costituzionale che avrebbe tolto competenze alle Regioni». Ma Davide Galimberti ribatte: «C’è continuità tra la riforma del 2001, il referendum del 4 dicembre e questo, ed è nella volontà di portare innovazione nelle istituzioni. Se c’è questa opportunità, io mi ci butto».