Debiti contratti e mai pagati. Nove mesi a Riccardo Bossi

La difesa del primogenito del Senatùr non esclude un ricorso: «Non fu truffa»

Debiti non pagati: condannato a 9 mesi per truffa , primogenito del sènatur , fondatore della Lega Nord. La sentenza pronunciata ieri dal giudice monocratico di Varese . Bossi jr era già stato condannato dal Tribunale di Busto Arsizio per un’analoga vicenda a dieci mesi di reclusione, mentre il Tribunale di Milano l’aveva condannato a un anno e otto mesi di carcere (pena confermata dall’Appello) per appropriazione indebita nel processo con al centro le presunte spese personali con i fondi della Lega Nord, scaturito dall’inchiesta “’The family”.

Facendo un rapido calcolo per accumulo di pene, se tutte le sentenze saranno confermate in Cassazione, superando complessivamente i tre anni, il primogenito di Umberto Bossi finirà a scontare il tutto in carcere. La vicenda varesina è nota. I debiti accumulati da Riccardo Bossi vanno dai 7 mila euro dell’impianto di illuminazione di casa ai 45 per la benzina. Il processo che lo ha visto imputato per truffa e insolvenza fraudolenta si è chiuso ieri mattina con una condanna di primo grado.

«Grazie tornerò a pagare», era la frase preferita da Bossi jr a quanto pare. Salvo poi sparire nel nulla senza più versare un euro. Oltre al benzinaio al quale il primogenito del Senatore deve 45 euro, ad accusare Riccardo Bossi ci sono stati altri due commercianti varesini, parti lese nel procedimento come il benzinaio. Nello specifico il titolare di un’autofficina di Varese che ha fornito gomme e accessori destinati all’Audi di Bossi jr per un valore di 3 mila euro, senza mai vedere un centesimo. E un professionista varesino che ha realizzato l’impianto di illuminazione a casa di Riccardo Bossi per un ammontare di 7mila euro, finendo anche lui per arrendersi all’insolvenza.

Il professionista, tra l’altro, ha precisato in denuncia di aver presentato un preventivo a Bossi jr e di esserselo visto approvare. Salvo poi non venire pagato. In altri casi l’imputato avrebbe mostrato un assegno della Camera dei deputati al commerciante di turno quale garanzia della propria solvenza oppure avrebbe speso il nome del padre (assolutamente estraneo alla vicenda) con un bel “poi passa il senatore a pagare” prima di sparire. Ieri la condanna in primo grado a Varese. Bossi non è mai comparso in aula. Il difensore , che ha sempre contestato l’accusa di truffa «non usò mai artificio o raggiro per ottenere la merce in questione» non scarta l’idea di un ricorso in appello non appena depositate le motivazioni della sentenza.

A rendere interessante la sentenza è proprio la questione del cumulo di pena: se le condanne fossero tutte confermate sino in Cassazione, Riccardo Bossi finirà in carcere.

Quello di non pagare e lasciare debiti parrebbe un vizietto radicato per il primogenito del senatore visto la scia di cinti in sospeso, dai gommisti ai gioiellieri, che parrebbe, stando alle sentenze, aver lasciato lungo tutta la provincia di Varese.