«Io? Sono intersessuale»

La storia di Sabina Zagari, che non appartiene né al genere maschile né a quello femminile

Intersessuali si nasce, ma come si vive? In un periodo storico nel quale anche l’Italia sta riconoscendo i diritti gay, è importante essere informati e conoscere il mondo Lgbti, che n on vede la sola esistenza di persona omosessuali, ma anche bisessuali, transessuali e, appunto, intersessuali.

Ne parlamo con la varesina Sabina Zagari, fier* di essere intersex.

Intersessualità è un termine che comprende sotto di sé diverse variazioni fisiche, per lo più a livello di cromosomi, marker genetici, gonadi, ormoni, organi riproduttivi e genitali, etc. Gli intersessuali sono persone nate con caratteri sessuali che non rientrano nelle tipiche nozioni di maschile e femminile. Secondo gli esperti, tra lo 0,05% e il 1,7% della popolazione nasce con tratti intersessuali.


La questione è più seria di quel che si crede. La scelta spetta esclusivamente alla persona intersessuale, quando sarà grande abbastanza da poter comprendere la situazione. L’identità di genere, infatti, si sviluppa con il tempo. Non è solo una questione di educazione ma anche biologica, perché durante la gestazione noi subiamo l’effetto di entrambi gli ormoni, maschili e femminili. Mi piace dire che il nostro cervello è come un vinile su cui è impressa una traccia: questa è l’identità. Qualcosa di innato, che non si può incidere chirurgicamente e che richiede consapevolezza.

Tutto ciò che non si conosce fa paura. Io ho vissuto nel segreto e nella vergogna per 38 anni. Mi era stato insegnato che non avrei mai dovuto parlare di quello che mi succedeva e di comportarmi come se niente fosse, da bambina. Sono stata molto male. Ho un passato da tossicodipendente con problemi psichiatrici, ma di fatto è solo grazie alla comunità di recupero che ho intrapreso questo percorso di conoscenza e di accettazione della mia intersessualità. Oggi mi definisco non più una vittima ma una sopravvissuta.

È la prima volta che si parla di intersessualità a Varese. Oltre a me, gli attivisti intersex “visibili” si contano sulle dita di una mano. Il 99% della popolazione non sa cosa voglia dire essere intersessuale. Anche in ambito medico questa condizione è sconosciuta. Mi è capitato di andare a fare gli esami del sangue all’ospedale di Varese e di essere scambiata per una Transessuale.


Non esiste solo maschio e femmina. Questa dicotomia è un puro costrutto sociale. Ci sono tante sfumature di genere non riconducibili a questi due. L’intersessualità non è un identità di genere, è qualcosa che non si vede…Al più si può parlare di “sesso neutro”.

No, Varese è totalmente impreparata. Io sono seguita da un ginecologo a Melegnano, da un’endocrinologa a Firenze, il mio sessuologo è a Milano, dove frequento anche gruppi di Auto Mutuo Aiuto. Una cosa però voglio dirla: se non fosse stato per Arcigay Varese questo incontro (ndr. questa sera, ore 20 al Salotto) non sarebbe mai avvenuto. Voglio quindi ringraziare personalmente Giovanni Boschini e tutto il direttivo.


In realtà, ora come ora nessuno. L’intersessualità non è conosciuta. Quando ho avuto modo di parlarne a persone del tutto estranee all’argomento la reazione è stata di sorpresa, ma ho sentito anche molta empatia e comprensione.

Che è giunto il momento di avere dei diritti e che dobbiamo dire basta alle mutilazioni genitali in Italia. E’ inutile fare campagne contro l’infibulazione in Africa quando da noi la stessa pratica viene eseguita in modo legalizzato. Inoltre, non bisogna vergognarsi di quello che si è. L’esperienza mi ha insegnato che parlarne è il primo passo per accettarsi. L’essere ingabbiati in meccanismi del tipo “o maschio o femmina” aveva distrutto la mia vita. Io sono fier* di essere intersessuale.