La corsa di Emma per vedere il mondo. E nonna-coraggio la fa nascere in casa

Storia d’altri tempi, a lieto fine, per la bimba nata l’altro ieri a Masnago, con anticipo e di corsa. Marica, all’ottavo mese, è dai genitori quando la figlia decide che è il momento. E un angelo la aiuta

MASNAGO – Emma aveva una gran voglia di venire al mondo e su questo ci sono pochi dubbi. Doveva infatti nascere il 14 marzo, come antipasto di una nuova primavera per la sua famiglia, ma ha deciso di bussare alla vita l’altroieri, sotto il cielo di un’incerta giornata invernale. I suoi occhi color nocciola ora scrutano il mondo dalla culla in cui è adagiata all’ospedale Del Ponte, con l’aria di chi si chiede perché intorno a sé ci sia tutto un trambusto di sorrisi, preoccupazioni passate e sorpresa. Tempo al tempo: fra qualche anno mamma, nonno e in particolare nonna le racconteranno con dovizia di particolari il modo in cui ha visto la luce. E soprattutto le diranno dove: tra il bagno e una camera da letto di una casa di Masnago.

È una bella e inusuale storia a lieto fine quella che ha come protagonisti questa creatura di un chilo e ottocento grammi, sua mammae i nonni e . Narrarla significa innanzitutto entrare nella loro casa di via Faido, castellanza del rione che degrada verso i prati e i campi di Casbeno e la ferrovia, scrutando un normale menage familiare di un sabato mattina qualunque. Marica, incinta di quasi otto mesi, vive temporaneamente a casa con i genitori: c’è

di mezzo un trasloco a Sant’Ambrogio e nel frattempo si sta un po’ stretti ma felici. Claudio, 52 anni e già sette nipoti dai suoi quattro figli, è al lavoro in carrozzeria, l’unica necessaria parentesi che lo distrae dalla sua grande passione per la pesca sportiva di carpe nel lago di Varese. Maria Rita è come sempre in controllo, tra le faccende domestiche cui badare, i nipoti e la figlia in stato interessante.
Verso le 9.30 Marica inizia ad accusare dei dolori all’addome, sembrano contrazioni. Lei e sua madre chiamano il ginecologo, quello di fiducia della famiglia, che dice loro di stare tranquille, di monitorare la situazione e di richiamarle dopo qualche ora. Tempo di riagganciare la chiamata e la ragazza sente il bisogno di andare in bagno, assecondandolo senza avere minimamente idea di quello che le sta per succedere.

Nessun cronista, nemmeno il più titolato al mondo, potrà mai raccontare in modo adeguato l’arcobaleno di sensazioni uguali e contrarie che una donna può provare nel momento in cui vede la testa della propria figlia mentre fa capolino dal suo ventre, nel momento più inaspettato, scomodo e potenzialmente pericoloso che si possa immaginare. Marica avvisa Maria Rita che corre in suo aiuto, dimostrando un sangue freddo intriso di istinto femminile e amore materno che si rivelerà decisivo. Nella concitazione del momento c’è il tempo di fare solo due cose: chiamare l’ambulanza e fare uscire Marica dal bagno, adagiandola sul letto giusto nell’attimo in cui Emma chiede ancora più spazio. Maria Rita – mamma, nonna e ostetrica per caso – le prende la testa e la fa nascere, seguendo le istruzioni di un’ostetrica (di professione) che nel frattempo le hanno passato al telefono.

L’ambulanza arriva quando la piccola è già adagiata sul petto di Marica: le due vengono portate d’urgenza al Del Ponte, dove viene asportata la placenta e tagliato il cordone ombelicale. La neonata viene messa nell’incubatrice, ma ci resterà per poche ore: sia lei che la mamma ora stanno benissimo. A renderci partecipi di questa speciale vicenda è stato nonno Claudio, il quarto attore su questo teatro della vita, un altro con le coronarie d’acciaio: «Stavo lavorando quando sul telefono vedo il nome di mia moglie… “Claudio, è nata”. “Come è nata?”. “È nata sul nostro letto!”. Mi sono sentito mancare…».
All’ospedale tutti continuano a ripetergli come un mantra che erano anni che non capitava una cosa del genere a Varese e lui non ha dubbi nel scegliere a chi mandare il suo messaggio di amore: «Se tutto è filato liscio il merito è di mia moglie: non ho mai visto una madre così legata alle sue figlie, così piena di istinto nei loro confronti». Uno che a 52 anni ha già avuto 4 figli e sei (pardon, sette) nipoti confessa che quando ha visto Emma dall’altra parte del vetro, in braccio a un’infermiera che l’ha temporaneamente staccata dai tubicini, si è sciolto in lacrime di gioia e di emozione.
Emma? In realtà non doveva chiamarsi così. Il nome lo ha scelto Giulia, la sua sorellina di tre anni entrata in camera dei nonni subito dopo la rocambolesca nascita. Impassibile come solo i bimbi sanno essere: «Allora, come la chiamiamo?».