La lettera forse scritta a quattro mani. E nessuna sembra di Stefano Binda

Caso Macchi. Dalla perizia grafologica effettuata dalla difesa emergono importanti dettagli

La lettera “In morte di un’amica” potrebbe essere stata scritta da due persone diverse. Nessuna delle quali sarebbe Stefano Binda. Nuovi dettagli emergono dalla perizia grafologica di parte presentata dai difensori del quarantanovenne di Brebbia arrestato lo scorso 5 gennaio con l’accusa di aver assassinato Lidia Macchi, la giovane studentessa varesina uccisa con 29 coltellate il 5 gennaio 1987.

La missiva in questione, recapitata a casa Macchi il 10 gennaio 1987 giorno dei funerali di Lidia, è da subito stata considerata importante dagli inquirenti. Chi l ’ha scritta poteva sapeva molto del delitto o addirittura, questa l’ipotesi degli investigatori, era l’assassino stesso. Una perizia della procura generale di Milano attribuisce la missiva a Binda.

Una seconda perizia grafologica, però, non soltanto smentisce l’ipotesi ma suggerisce che la lettera possa essere stata scritta a quattro mani. Almeno due persone, dunque,avrebbero saputo qualcosa dell’omicidio.

In sede processuale è possibile che il giudice affidi l’incarico per una perizia super partes che sarà l’unica a contare davvero in aula.

Patrizia Esposito, codifensore di Binda con Sergio Martelli, intanto torna sul tema dei famosi diari scritti dal quarantanovenne quasi 30 anni entro i quali gli inquirenti hanno trovato riferimenti considerati indizi di colpevolezza. «Io però – spiega Esposito – sfogliando le stesse pagine trovo prove dell’effettiva partecipazione del nostro assistito alla vacanza a Pragelato dove Stefano Binda sostiene di trovarsi mentre veniva consumato il delitto. Leggo, ad esempio, che Binda racconta di essere arrivato al Sestriere. Annota addirittura il numero della stanza d’albergo dove alloggiava (la 212 per la precisione».

Numero della camera ma anche la firma del portachiavi: «un palindromo – scrive Binda – che porta fortuna». E ancora: il 3 gennaio si legge l’annotazione: «pattinata al Sestriere, che toma!», con Binda evidentemente protagonista di una caduta sul ghiaccio. «Io credo – continua Esposito – che tutti questi elementi debbano essere tenuti in considerazione. Così come va ritenuta attendibile la testimonianza di un altro partecipante alla gita che ricorda Binda presente a quella vacanza».

Il gup Anna Azzena, intanto, non si è ancora pronunciata sulla richiesta di scarcerazione presentata dai difensori in sede di udienza preliminare. Binda, quindi, è ancora in carcere.