«L’integrazione arriva solo con la buona accoglienza»

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«I famosi 30 euro giornalieri che lo Stato dà alle Cooperative per ogni richiedente asilo sono un investimento sull’integrazione». Aldo Montalbetti, Consigliere di Confcooperative Insubria e Presidente di Federsolidarietà Insubria, associazione di categoria e federazione delle cooperative sociali, si inserisce nel dibattito sull’accoglienza dei richiedenti asilo sollevato dal nostro quotidiano dopo che un’educatrice si è licenziata da una cooperativa della provincia a suo modo di vedere «più attenta al business che all’accoglienza».

Davvero a Varese esistono realtà di questo tipo? Come si può migliorare? «Già da un anno e mezzo, come Confcooperative, abbiamo stilato la Carta della buona accoglienza dei migranti. Il documento è stato adottato a livello regionale e sottoscritto a livello nazionale dal Ministero dell’interno, Anci e Alleanza cooperative italiane (che rappresenta Confcooperative, Lega Coop e Agci) – spiega Montalbetti – La carta della buona accoglienza dei migranti è nata mettendo intorno a un tavolo le cooperative che lavorano nell’immigrazione, con l’obiettivo di darsi delle regole ulteriori ai requisiti minimi di accoglienza richiesti dalla maggior parte dei bandi. È un regolamento in cui sono raccolte le buone prassi e declinate le regole dei servizi che devono essere offerti ai migranti».

Tra Varese e Como sono 11 le cooperative iscritte a Confcooperative che operano sul tema dell’accoglienza; quattro sono nella provincia di Varese. Queste, aderendo alla Carta , dichiarano di volersi occupare di integrazione. Come? «Organizzando corsi di italiano, dando accompagnamento nello svolgimento della pratiche amministrative, fornendo kit di igiene personale, proponendo corsi di formazione professionale e tirocini lavorativi e promuovendo un modello di accoglienza diffusa, con piccoli gruppi di migranti.

Inoltre, le cooperative associate a Confcooperative si sottopongono volontariamente a ispezioni aggiuntive – spiega Montalbetti, precisando che – Il sistema dell’accoglienza in provincia vanta vere eccellenze, ovvero delle cooperative (come quelle afferenti al mondo Caritas) che hanno una lunga storia alle spalle». Alle cooperative di Varese firmatarie della Carta, se ne sommano almeno una decina che lavorano alla propria maniera, oltre a qualche SRL profit, senza un coordinamento tra di loro.

Come sapere se lavorano bene? «Bisognerebbe riuscire a fare in modo che tutti gli enti deputati al controllo agiscano per richiedere alle cooperative almeno i minimi standard» risponde Montalbetti che commenta così il parere di chi ritiene che affidare la gestione dei richiedenti asilo ai Comuni sia l’unica garanzia di correttezza: «Sicuramente le cooperative che operano secondo i parametri della Carta della buona accoglienza offrono maggiore opportunità di integrazione rispetto a una gestione diversa. Affidare tutto ai Comuni significa scaricare su di loro un compito molto più grande del coordinamento.

All’ente pubblico spetta di più il controllo dei servizi o l’erogazione degli stessi? Più che spostare la gestione dal privato sociale agli enti pubblici, credo occorra eventualmente che i Comuni e gli organi deputati svolgano di più la funzione di controllo e monitoraggio».

Il leghista Marco Pinti, consigliere comunale di Varese, ha chiesto alla Prefettura di autorizzare la commissione servizi sociali ad effettuare sopralluoghi nei Cas (centri di accoglienza straordinaria) gestiti dalle cooperative. «Un controllo in più potrebbe servire a evitare cose spiacevoli – afferma Montalbetti, che però teme delle strumentalizzazioni – Sistemare 50 immigrati significa cercare cinque appartamenti in cinque diversi Comuni e non sempre i sindaci sono favorevoli. Questo anche per colpa di fantomatiche paure che vengono gonfiate a fini politici o di propaganda. Ognuno tira la giacchetta dei migranti come fa comodo».