Lo choc di Guido Borghi. «Una tristezza infinita. Così muore un sogno»

Il figlio del grande Giuan scopre la notizia da noi «sapevo del trasferimento ed è anche logico. Ma non chiudendo tutto...». L’azienda: «Ci spostiamo in una zona strategica dove avremo più infrastrutture, efficienza e modernità»

La sospensione tra la razionalità di uomo che conosce, meglio di altri, il business e le sue logiche e il sentimento che scava nelle radici della sua famiglia dura solo un attimo. Poi, anche per , il peso del secondo travolge tutto il resto: «Provo una grande tristezza. Perdere Comerio per me significa perdere casa e ufficio nella stessa soluzione».
La Whirlpool lascia Varese (non Cassinetta, che con 2000 dipendenti continuerà a essere il punto di riferimento per i prodotti a incasso e per ricerca e sviluppo, ndr): nella giungla di chi finge atarassia sulla scorta del «tanto lo sapevano tutti…», c’è uno che si sorprende davvero, ed è il figlio di quel da cui l’impero è nato.

L’imprenditore, fuori Varese per questioni di lavoro, è informato dalla nostra telefonata: «Cado dalle nuvole – ci risponde – E non tanto per lo spostamento in sé, ipotesi di cui ero perfettamente a conoscenza, ma per il fatto che lo stesso riguarderà la totalità dei dipendenti della sede di Comerio. Non pensavo davvero che arrivassero a chiudere tutto».
L’erede del fondatore, prima di lasciarsi andare alle emozioni, ragiona a voce alta: «Ormai è tardi per fare qualcosa.

E tutto sommato è già una buona notizia che abbiano scelto Rho come nuova sede per il quartier generale: i lavoratori potranno rimanere ad abitare dove sono oggi, pur con un aggravio nella logistica. Quello che mi colpisce nell’apprendere la notizia è la chiusura totale dello stabilimento. È vero che Emea (la sigla ricomprende Europa, Medio Oriente e Africa, ndr) è un’area complicata, così com’è poi chiaro che a Comerio non ci fosse spazio per tutti a seguito dell’acquisizione di Indesit. Ma – ripeto – mi aspettavo solo un trasferimento parziale».

Invece no: si chiude una storia che suo padre iniziò nel 1946, fondando sulle colline sopra al lago di Varese la Siri, la Società Industria Refrigeranti Ignis, poi semplicemente e meravigliosamente Ignis.
In un Italia che ripartiva dopo la guerra, e nella quale anche l’acquisto di un frigorifero era il simbolo di un nuovo giorno, da Comerio Giovanni Borghi diede lustro a tutto il territorio, mettendo nello stabilimento non solo macchinari e lavoratori, ma anche le sue passioni. «Quel posto è stato un simbolo del divertimento, dello sport – continua Guido Borghi – Lì c’è stata la Casa dell’Atleta, il primo vero centro sportivo italiano». Ecco Comerio in tutta la sua essenza, quella di centro di una Varese che produceva, vinceva, suscitava invidie, viveva e non vivacchiava: troppo doloroso. «Sono un po’ scioccato ora, mi scusi».