Luigi è andato avanti per vederlo all’arrivo. E Nibali dall’alto sarà stato bellissimo

L’editoriale del nostro Francesco Caielli

«Questa è l’ultima immagine che ha visto mio padre, ed era felice». Venerdì pomeriggio Piero e suo papà Luigi hanno visto la tappa insieme in una stanza d’ospedale: insieme hanno visto Nibali andare via e riaprire il Giro, insieme hanno visto il capolavoro dello Squalo. Luigi ha visto tutto fino alla fine, combattendo contro la fatica di una malattia che ormai si era presa tutto ed era diventata anche più dura di una salita al Giro d’Italia. Poi ha chiuso gli occhi: non ce l’ha fatta a resistere un giorno ancora, per vedere il suo Nibali in maglia rosa. Non ce l’ha fatta e ci piace pensare, nel nostro essere piccoli di fronte a certe cose, che sia semplicemente “andato avanti” per aspettare lo Squalo all’arrivo.

Suo figlio Piero ci ha mandato questa foto: una tv su una parete fredda, Nibali che stacca Chaves e Valverde volando verso la vittoria. Piero ha ereditato la passionaccia per il ciclismo da suo papà Luigi. Piero è uno di quelli che hanno avuto la fortuna di vedere Pantani, ma di vederlo per davvero: quelle notti in tenda sul Mortirolo ad aspettare il Pirata in compagnia dell’amico vero, anni di gioia e rabbia come è stato per tutti quelli che hanno amato Pantani. Ci ha mandato questa foto per dirci che suo papà se n’era andato via senza poter vedere la tappa più bella. Ma felice.

È una storia, che ci tocca da vicino perché Piero è uno di noi e suo papà Luigi anche. Il ciclismo sa fare queste cose: sa entrare nella vita – e sì, anche nella morte – delle persone, sa essere molto più di uno sport. In un papà che sta morendo ma che vuole comunque vedere la tappa e fare il tifo c’è dentro tutto, tutto quel miracolo che chiamiamo vita: talmente bella che ci sembra impossibile doverla lasciare. E c’è dentro la meraviglia del ciclismo, che ci scorre nel sangue perché ci è stato tramandato dai nostri nonni, dai nostri papà, e noi faremo di tutto per passarlo anche a chi verrà dopo di noi.

A noi par di vederli, anche ora, quelli che pensano di saperne sempre più degli altri e che quando si parla di ciclismo scrollano la testa e, se va bene, ti liquidano con un “tutti drogati”. Noi abbiamo davanti l’immagine di Luigi davanti alla tv per l’ultima volta, ma abbiamo davanti anche la scena dei genitori di Chaves che sul traguardo abbracciano Nibali che aveva appena strappato la maglia rosa a loro figlio. Abbiamo davanti queste immagini e siamo sempre più convinti che non esista uno sport più grandioso, più forte, più genuino e più pulito di questo.

Sì, pulito: perché non ci sono bugie davanti a queste cose, non c’è doping e non c’è Epo di fronte all’essenza della fatica e della vita, non c’è finzione in un papà che ti saluta per sempre sorridendo per Nibali. No, per carità. Non vogliamo convincere nessuno. Ci basta dire che chi non è capace di commuoversi davanti a una cosa così, si perde qualcosa di grande.