«Mi davano dell’asino, volevo scappare. Arrivi a odiarti. E poi scopri la dislessia»

È il racconto di Mirko ad aprire all’Insubria il convegno dedicato ai disturbi dell’apprendimento. In Italia il 5% degli studenti soffre di Dsa: per loro studiare è dura. «Non tutti i prof capiscono»

– «Dolore fisico, ogni mattina a scuola. Mal di pancia, prima di ogni verifica. Vorrei scappare, sparire… Alle elementari mi davano dell’asino, mi dicevano che non studiavo».
« Allora mi sedevo all’ultimo banco, da solo, affinché nessuno si accorgesse di me… “Non hai fatto i compiti? Perché balbetti?”. Arrivi ad arrabbiarti e a odiare te stesso, ma anche chi ti considera uno sfigato… Io non riesco nemmeno a scriverla la parola dislessia, ma ora almeno la conosco».

/>Queste sono le parole di un adolescente italiano: si chiama ed è uno dei tanti giovani dislessici in età scolare presenti in Italia, il 5% – secondo gli ultimi dati diffusi – del numero totale degli studenti. La sua storia e quella di tante persone affette dallo stesso disturbo sono state raccolte nel libro “Pensami al contrario” curato da , lei stessa dislessica e madre di un figlio dislessico, e da. Obiettivo? «Sensibilizzare, promuovere la conoscenza emotiva del problema. I nostri figli vogliono essere capiti, non giudicati».

Ma non c’è solo la dislessia. Nell’universo dei Dsa – Disturbi specifici di apprendimento – ci sono anche la disgrafia, che attiene alla riproduzione dei segni alfabetici, la disortografia, la difficoltà nel rispettare le regole di trasformazione del linguaggio parlato in quello scritto, e la discalculia, le distorsioni procedurali nel calcolo. C’è soprattutto un quotidiano pieno di insidie da affrontare, un percorso fatto anche di incomprensioni e umiliazioni, di famiglie sole e in contrasto con le proprie scuole, tanto da rivolgersi agli avvocati per far rispettare il diritto dei figli a ottenere un’istruzione senza discriminazioni. «Vedevo il mio bambino in difficoltà, lento nell’imparare. Avevo escogitato un metodo per studiare con lui, ma non andava più bene. Andai a parlare con la sua insegnante, le chiesi: ha qualche altro modo da suggerirmi? Mi rispose: no, tanto a suo figlio non frega nulla di studiare».

La testimonianza viene da una mamma di un ragazzo con 130 di quoziente intellettivo. Ma c’è anche un mondo di associazioni che si spendono per un aiuto concreto, di insegnanti e di scuole che non sottovalutano le problematiche e non le discriminano, di responsabili del Miur che si adoperano quotidianamente nelle mediazioni tra famiglie e istituti, di medici e ricercatori che hanno fatto compiere alla ricerca e ai rimedi passi da gigante.
Questo mondo si è riunito ieri all’Università dell’Insubria per un assai frequentato convegno sui Dsa (in sala tantissimi docenti del Varesotto), organizzato dal Rotary Club “Alto Verbano” – che periodicamente tiene corsi di formazione sull’argomento e che sta sviluppando il progetto di un gruppo di sostegno professionale per le scuole del territorio – e da organizzazioni come Aid Varese, “Agiamo Insieme” e Auxilium international”. «Chi soffre di Dsa ha difficoltà nella lettura, nella scrittura e nel calcolo perché manca di determinati automatismi, pur in presenza di un livello intellettivo nella norma o superiore alla norma – ha spiegato Chiara Luoni, neuropsichiatra infantile – Si tratta di problemi con un forte impatto sulle opportunità accademiche e lavorative dell’individuo, oltre che nella costruzione personale di sé. Capita di arrivare a perdere fiducia nelle proprie capacità, di abbandonare la scuola, patire ansia e mancanza di autostima».
La diagnosi spesso è tardiva e arriva nel momento in cui le richieste scolastiche diventano più pressanti, spesso dopo fraintendimenti e giudizi trancianti. Di cosa hanno bisogno gli alunni affetti da Dsa?
«Di un piano didattico personalizzato e individualizzato, con forme efficaci e flessibili di lavoro – afferma l’avvocato Lorenzo Esposti, citando i dettami della legge quadro, la 170 del 2010 – Tali alunni devono avere a disposizione strumenti compensativi (mappe, libri digitali, calcolatori ndr) che permettano loro di dimostrare il livello di apprendimento senza ridurre quello degli obbiettivi. La collaborazione tra docenti e genitori porta a miglioramenti clamorosi». Ma la scuola italiana è pronta? «Sono tante le famiglie che si rivolgono a un legale per fare rispettare il diritto all’istruzione dei figli dislessici».