Povertà, allarme della Caritas: «Sempre più italiani»

Tra i connazionali le donne che chiedono aiuto superano il 60%. Mario Salis: «Si va da chi non ha nessuna fonte di reddito, a chi magari in famiglia ha una qualche forma di entrata, ma non ha un lavoro stabile»

– Povertà nel Varesotto: aumentano gli italiani del 17,8% dal 2008, anche se rimangono in minoranza rispetto agli stranieri. A chiedere aiuto sono nel 61,9% dei casi le donne. È il quadro che emerge dai dati del XIV Rapporto sulle povertà nella Diocesi di Milano elaborati dell’Osservatorio diocesano delle povertà e delle risorse di Caritas Ambrosiana. I bisogni più diffusi? Reddito (79,3%), lavoro (59,5%) e casa (il 17,5%).

«Si va da chi non ha nessuna fonte di reddito, a chi magari in famiglia ha una qualche forma di entrata, ma non ha un lavoro stabile. Non tutti poi hanno un alloggio, c’è chi è costretto a vivere a casa di amici o parenti perchè non può pagare l’affitto di una casa e conservarla nel tempo» spiega che coordina l’attività Caritas della Zona pastorale di Varese. A bussare alle porte dei centri di ascolto Caritas del Varesotto,

dal 2009 al 2014, sono stati sempre più i connazionali. Nello specifico le presenze registrate dai centri campione sono salite nel 2009, per poi avere un andamento altalenante ed assestarsi nel 2014 sulle 1.374 unità (-19,3% rispetto al 2008). Solo lo scorso anno, per quanto riguarda l’indagine condotta su un campione significativo di sette centri di ascolto, gli italiani che hanno chiesto aiuto a uno dei centri sono stati il 31,8%. Dati in linea con quanto registrato anche nelle altre zone pastorali della Diocesi: «Il numero degli stranieri non cala in assoluto, ma rispetto all’aumento degli utenti italiani».

Rimane più ampia la percentuale degli stranieri – il 67,2% – ma negli anni della crisi il loro numero è andato diminuendo. «Molti non riuscendo a fronteggiarla hanno fatto rientro nel loro Paese d’origine» spiega Salis. La diminuzione è anche dovuta alla capacità degli stranieri, specie quelli provenienti dall’Est-Europa, di aiutarsi tra loro o di cercare sostegno fuori dai circuiti Caritas.
A fare la differenza sono gli italiani che, tra il 2008 e il 2014 sono aumentati del 17,8%. «Oggi il rapporto è uno su tre, mentre nel 2008 era uno su cinque. Ciò conferma quanto la crisi abbia toccato chi abita in questo Paese in maniera rilevante» denotano ancora dalla Caritas. Inaspettatamente non sono italiani di mezza età a chiedere un sostegno, ma in prevalenza giovani adulti tra i 35 e i 44 anni, ma gli stranieri sono ancora più giovani. Hanno in media tra 25 e i 34 anni, comunitari e non, che provengono da Marocco (23,5%), Albania (11,3%), Romania (7,8%), Ucraina (7,6%), Perù (7,5%). Tutta la popolazione è più povera: è più che raddoppiato il numero di chi ha chiesto sussidi economici rispetto al periodo pre-crisi, il 132,5% in più.
«In questo caso non c’è distinzione tra italiano e straniero. La carenza di lavoro e la mancanza o la naturale fine degli ammortizzatori sociali portano a un ritardo nella ripresa che fatica a ricomporsi – conclude Salis – La difficoltà a ricollocarsi esiste anche nonostante i percorsi di formazione realizzati per esempio con il Fondo Famiglia e Lavoro». La buona volontà non manca, «ma si fatica a concretizzare in un lavoro vero e proprio con contratto». La luce in fondo al tunnel della crisi sembra ancora lontana, e le incertezze sul futuro con le banche in difficoltà, le fatiche del mercato cinese, le continue ondate di immigrazione fanno presagire che gli sportelli Caritas avranno ancora di che lavorare a lungo.