«Quando sbirciai nella Sala Ovale»

Marina Castelnuovo, sosia di Liz Taylor, racconta la sua esperienza al secondo insediamento di Bill Clinton

La scalinata ovest del Congresso, la mano destra alzata e la sinistra sulla Bibbia. Un giuramento di fronte al mondo, una promessa davanti a Dio. Il vento freddo di gennaio inaridisce il volto di quell’uomo, distinto, orgoglioso, fiero: quell’uomo sta prendendo le redini di una delle superpotenze del mondo.

Bandiere a stelle e strisce sventolano libere nell’aria. È il giorno in cui gli americani prendono le loro vite e le consegnano nelle mani dell’uomo che hanno votato e che hanno scelto, nelle mani dell’uomo in cui hanno riposto fiducia e speranze. Musica e colori poi avvolgono il Presidente, le strade di Washington si colorano e tutto il popolo celebra il suo Presidente. La cena alla White House, il galà, il ballo. L’atmosfera è suggestiva e tutto è perfetto.

Fin da quello di George Washington il 30 aprile del 1789, l’insediamento del Presidente è il saluto ufficiale che una delle più grandi nazioni del mondo porge al suo nuovo comandante in capo, all’uomo “più potente della terra”, al Presidente degli Stati Uniti d’America. Venerdì, come succede dal 1933 quando venne stabilita come data ufficiale il 20 gennaio, Donald Trump salirà le gradinate del Congresso, guarderà negli occhi gli americani e pronuncerà il giuramento dopo il quale sarà a tutti gli effetti il 45° Presidente degli Stati Uniti.

Chissà come dev’essere trovarsi lì, a pochi metri dall’uomo che guiderà l’America. Chissà cosa succede, cosa si vive, come ci si sente. Noi, lo abbiamo chiesto a chi, alla cerimonia d’insediamento di un Presidente, c’è stato per davvero. Marina Castelnuovo, varesina doc, attrice, conduttrice e sosia ufficiale di Liz Taylor (a cui ha dedicato la carriera e anche il suo Bed and Breakfast “Villa Liz” a Varese) è stata una delle poche italiane che il 20 gennaio del 1997, esattamente vent’anni fa, ha partecipato al secondo Inauguration Day di Bill Clinton. «È un giorno speciale, indimenticabile. Trovare le parole giuste per descriverlo è quasi impossibile». Quasi, appunto. Noi ci abbiamo provato.

Marina ha costruito una carriera grazie alla sua incredibile somiglianza con la grande diva statunitense. Ha girato il mondo e ha conosciuto i più potenti e importanti uomini della terra. Il più importante? Il Presidente Bill Clinton. E nella vita e nella carriera del 42° Presidente americano, la varesina ha avuto un ruolo vitale. «Conobbi il fratello di Bill, Roger, a Roma. Appartenevamo alla stessa agenzia di spettacolo di Los Angeles, lui era un cantante e ballerino e fu invitato ad una trasmissione Rai.

Era curioso di vedere la capitale ma non sapeva una parola d’italiano così gli feci da interprete e da modella. Dopo un giro tra i pezzi di storia di Roma, andammo a fare shopping. In quell’occasione comprò regali per Chelsea, e anche per Hillary. Voleva prenderle dei tailleur ma non era sicuro della taglia così li provai io per lei». Non capita proprio a tutti di provare vestiti per la First Lady. «Lei la conobbi ufficialmente solo dopo, alla parata dopo l’Insediamento, ma in quel momento, avendo indossato i suoi abiti, mi sembrava già di conoscerla».

In quel pomeriggio di compere nella capitale, Marina Castelnuovo si lasciò andare ad un gesto spontaneo e coraggioso, che qualche tempo dopo , cambiò la sua vita e anche quella di Clinton. «Vidi due cravatte bellissime e decisi di regalarle al fratello di Roger, il Presidente. Ne presi una gialla oro a rombi blu e una “regimental” e dissi a Roger “queste regalale a tuo fratello come un italian special souvenir”». Come ha potuto una cravatta gialla oro a rombi blu salvare un Presidente? «Quando scoppiò il sexygate, il Procuratore Kenneth Starr accusò Clinton di usare la cravatta gialla come segnale per mandare messaggi segreti alla stagista Monica Lewinsky. La stessa Lewinsky dichiarò anche di avergliela regalata lei, la cravatta. Così quando arrivò la notizia in Italia, scrissi di mio pugno a David Kendall, lo stratega della difesa di Clinton. Io e Roger fummo convocati per la testimonianza in cui portammo le prove, gli scontrini e il libro “Liz e Io” che avevo scritto e in cui avevo parlato di questo regalo. Con la nostra testimonianza facemmo cadere un importante capo d’accusa sul Presidente Clinton». Bill Clinton, tempo dopo, scrisse una lettera in cui ringraziò Marina Castelnuovo per la generosità e la devozione. E la lettera, arrivata direttamente nella casa varesina dell’attrice, portava il sigillo presidenziale e la firma del Presidente. «L’ho incorniciata e appesa in casa. È una cosa unica»

Marina ebbe modo di conoscere il Presidente Clinton qualche tempo prima, prima quindi di sapere che con un semplice gesto di generosità e spontaneità gli avrebbe salvato la carriera. Marina e Bill Clinton si incontrarono di persona durante il secondo insediamento del Presidente Clinton, nel 1997. Vent’anni fa.
Con nostalgia ed eccitazione, Marina ripercorre quei momenti unici, facendo vivere anche a noi l’aria dell’Inauguration Day. Arrivò una lettera a casa, con l’invito ufficiale per il “Presidential Inaugural Parade, Gala and Ball”. «Ci invitò Roger. Alloggiammo al The Mayflower, un elegantissimo Hotel di Washington. Il giuramento ci fu la mattina, noi arrivammo per il pomeriggio. Io e mio marito eravamo seduti di fronte alla postazione di Clinton e dei Capi di Stato, la Pennsylvania Avenue ci divideva. In strada ogni Stato sfilava con la sua “parata”. Fu come un carnevale, una festa bellissima ed elegante ma anche “interminabile”: restare seduti sotto il freddo di gennaio a Washington è un pochino arduo. Da lì, poi, ci spostammo verso la Casa Bianca dove fummo ricevuti dai coniugi Clinton. Eravamo emozionatissimi, facemmo loro i complimenti. Cos’altro avremmo potuto dire? Eravamo agitatissimi, non capita tutti i giorni di avere davanti uomini e donne così potenti e importanti».

Prima della cena, a tutti gli ospiti è stato concesso un onorevole giro all’interno della Casa Bianca, in un percorso che porta fino all’elegantissimo salone della cena. «Ci fecero fare il tour nella White House. Abbiamo visto qualche sala e anche la famosa Sala Ovale». Uno dei luoghi dove sono state prese alcune delle decisioni più importanti della Storia, un luogo dove si può sentire il respiro del mondo. Un luogo accessibile davvero a pochi. «Purtroppo non entrammo, ma la vidi da fuori, c’era il percorso già segnato che ci portava direttamente al salone della cena, però ho sbirciato dentro la Sala Ovale! Non potevo non farlo e sono rimasta letteralmente pietrificata. È stato incredibile vedere la scrivania dove il Presidente si siede e prende decisioni che influenzano la vita di tutti noi».

Finalmente arriva la cena: meravigliosa, elegante, suggestiva. «Eravamo circa 400 persone. Il tutto in un’atmosfera surreale, solenne. La cena però finisce presto: per tutta la città ci sono balli e parate e il Presidente, a cui di protocollo, deve presenziare. In occasione di uno di questi, quello della California, Clinton era sul palco con Hillary, con loro c’era Chelsea, ballavano tutti insieme, si sono abbracciati e baciati e e salutavano tutti. Ad un certo punto Clinton scese e mi strinse la mano». Che cosa si può dire ad un Presidente che ti saluta? «Many congratulations, I’m very happy to meet you (tante congratulazioni, sono felice di incontrarla). Che altro poteva dire? Avevo la gola rigida, secca, ed ero agitatissima, ma non lo dimenticherò mai».
«Quando tornammo, la nostra vita non fu stata più la stessa. Sapevamo di aver partecipato a qualcosa di storico, di unico, di incredibile. Si sente l’affetto e l’amore che gli americani hanno verso il loro Presidente e verso la loro Nazione». Ecco, il giorno dell’insediamento di un Presidente americano è più o meno così.