Riesame: ricorso respinto. E Binda rimane in carcere

Omicidio Macchi - I legali dell’uomo accusato di avere ucciso Lidia valutano ora i prossimi passi da compiere

Respinto dal Tribunale dei Riesame di Milano il ricorso presentato dai difensori di , l’uomo accusato dell’omicidio di . Binda resta, quindi, in carcere.
I suoi difensori, gli avvocati
e , avevano sostanzialmente chiesto di far decadere il pericolo di inquinamento probatorio prorogato dal gip di altri tre mesi.
Binda sarebbe rimasto comunque in custodia cautelare anche nel caso in cui ci fosse stato l’accoglimento della richiesta presentata dai legali a causa del pericolo di fuga e reiterazione del reato.

Binda, 49 anni di Brebbia, era stato arrestato lo scorso 15 gennaio con l’accusa di aver stuprato e ucciso Lidia Macchi, la studentessa ventenne militante di Comunione e Liberazione, ex compagna di liceo e amica di Binda, il 5 gennaio 1987. Dopo l’arresto i legali del brebbiese, che si è sempre dichiarato innocente, avevano preferito ricorrere direttamente in Cassazione. La Massima Corte non entra nel merito dell’ordinanza, non valuta insomma la sussistenza o l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.

La Cassazione valuta la sussistenza o meno dei tre punti che determinano l’esigenza di una custodia cautelare in carcere: pericolo di fuga, pericolo di reiterazione del reato, pericolo di inquinamento delle prove.
Nelle scorse settimane, infatti, la Cassazione aveva confermato il carcere per Binda dichiarando inammissibile il ricorso dei difensori, che avevano impugnato l’ordinanza di custodia cautelare. Ieri, il ricorso è stato rigettato anche dal Tribunale del Riesame di Milano.
«Attendiamo di leggere le motivazioni – ha spiegato l’avvocato Pasella – per decidere i prossimi passi da compiere».
Daniele Pizzi, avvocato della famiglia Macchi, non si dice sorpreso. «Era abbastanza plausibile che il ricorso presentato dai legali di Binda di potesse definire in questo modo. La prima pronuncia in Cassazione ha segnato un precedente anche sul Tribunale del Riesame di Milano».

Intanto, questa mattina alle 12, il Gip di Varese nominerà due nuovi periti, un genetista proveniente dall’Università di Firenze e un tossicologo dell’Università di Milano, che affiancheranno l’anatomopatologa per gli esami sulla salma di Lidia Macchi, riesumata nelle scorse settimane.
A loro il compito di cercare prove che possano confermare l’arresto di Binda o scagionarlo dalle accuse. Il genetista avrà il compito di accertare la presenza di eventuali tracce di Dna su peli, capelli,

unghie e denti della ragazza morta quasi trent’anni fa. Mentre il tossicologo dovrà accertare se Lidia Macchi, il giorno in cui fu uccisa, fosse stata narcotizzata con farmaci o sostanze stupefacenti. Gli esiti di questi nuovi accertamenti condotti, secondo le previsioni, non saranno pronti prima dell’autunno.
Intanto, si attende di capire se il sostituto pg di Milano , che coordina l’indagine affidata alla Squadra mobile di Milano, intenda accogliere la richiesta presentata dal legale della famiglia Macchi di cercare l’arma del delitto nel boschetto in località Sass Pinì a Cittiglio: lungo il sentiero dove il 7 gennaio 1987 fu trovato il cadavere di Lidia Macchi.