Rosati e Montemurro, via al processo

Prima udienza - Insieme ai due ex dirigenti dell’A.S. Varese 1910, altri 12 imputati, compreso Bruno Limido

Si è aperto ieri il processo che vede tra gli imputati l’ex presidente del Varese 1910 Antonio Rosati, l’ex calciatore varesino Bruno Limido (in una posizione che appare parecchio più defilata, forse marginale) e l’ex ad del Varese 1910 Enzo Montemurro, con altre 11 persone. Udienza molto breve: depositato l’elenco testi il procedimento è stato aggiornato al prossimo 15 settembre. Un processo che si è svuotato di otto capi di imputazione contestati: il gup di Milano in sede di udienza preliminare aveva emesso sentenza di non luogo a procedere per tutte le accuse connesse alla Legge Biagi,

ovvero relative al lavoro sommerso o subordinato. Di fatto il gup ha stabilito che su quelle imputazioni non era nemmeno necessario un processo: nessuno degli indagati ha mai commesso quei reati. Un colpo di scena che di fatto ha menomato il pubblico ministero di Milano Carlo Nocerino di buona parte dell’impianto accusatorio e ha azzerato le parti civili. I circa 200 lavoratori che, riuniti sotto sigle sindacali autonome, avevano chiesto di essere ammessi al procedimento quali parte lese, non hanno ora più alcun titolo per stare in giudizio. Contro di loro non fu commesso alcun atto illegittimo. Restano in piedi le accuse contestate agli indagati a vario titolo in relazione all’associazione a delinquere e ai reati tributari. Rosati, Montemurro e Limido furono arrestati il 29 ottobre 2014 (insieme agli altri cinque destinatari di custodia cautelare in carcere) nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Milano su una presunta frode fiscale da 63 milioni. Frode che, stando alle indagini del Nucleo di polizia tributaria della Gdf, sarebbe stata realizzata nei settori della logistica, dei trasporti e del facchinaggio attraverso una rete di cooperative. «In sede dibattimentale avremo la possibilità, finalmente, di portare le nostre di prove – spiega Stefano Amirante, legale di Rosati – eravamo sereni, sapevamo che il rinvio a giudizio ci sarebbe stato, soprattutto dopo sei mesi di custodia cautelare, ma siamo altrettanto sereni sul fatto di avere argomenti in grado di chiarire assolutamente la nostra posizione».