Scoppia la protesta dei detenuti dei Miogni. Chiasso con colpi di pentole nella nottata

Nella tarda serata di mercoledì hanno preso il via le agitazioni per le condizioni di scarsa igiene

Via Felicita Morandi l’altro ieri sera è stata ancora una volta svegliata dalla rumorosa protesta inscenata dai detenuti nel carcere dei Miogni di Varese. Che è il solo modo che hanno per farsi letteralmente sentire dalla città esterna, hanno iniziato poco prima delle 23 a battere con pentole e oggetti metallici contro le sbarre delle celle.

Tutti insieme, provocando lo stesso effetto di cento batterie che suonano all’unisono. E riuscendo a fare uscire dalla mura della casa circondariale la loro protesta.

I detenuti, da giorni ormai, lamentano condizioni igienico sanitarie per così dire non ottimali all’interno dei Miogni. Un carcere vecchio, obsoleto, costruito in una zona non proprio ottimale e con problemi strutturali più e più volte segnalate alle competenti autorità.

Il direttore , un mese fa circa, in occasione della celebrazione della festa della polizia penitenziaria aveva riassunto la situazione aprendo il suo intervento: «una festa intima. Perché dire che i finanziamenti sono scarsi sarebbe errato. I finanziamenti mancano proprio del tutto».

Come dire: soldi qui non ne vengono investiti perché i fondi scarseggiano ovunque. Le condizioni della struttura sono assolutamente evidenti.

E nel corso degli anni sono state più volte sottolineate. Lo scorso maggio i detenuti avevano protestato perché un guasto all’impianto televisivo aveva impedito la visione dell’incontro di Champions Juventus-Monaco. In molti avevano sorriso ma in realtà quella era stata soltanto l’ultima di una lunga serie di carenze. In occasione della visita pastorale ai detenuti, erano apparse evidenti situazioni di degrado quali il non funzionamento di parte dell’impianto di illuminazione interno al carcere. Oppure l’inagibilità della cappella interna alla struttura danneggiata da pesanti infiltrazioni.

Tanto che i detenuti, di ogni religione, avevano lavorato nell’occasione per rendere lo spazio dove è stata celebrata la messa il più accogliente possibile in vista del Natale. Da oltre 15 anni si parla di una soluzione per i Miogni. Superato il problema del sovraffollamento (presente sino a qualche anno fa) restano le pesanti carenze strutturali. A turno dal carcere sono passati politici locali, regionali, nazionali, ministri e sottosegretari. S’era parlato di realizzare una struttura ex novo esterna al centro cittadino (davanti ai Miogni ci sono scuole e abitazioni). Un progetto che avrebbe portato a Varese un carcere nuovo di zecca, moderno e adeguato. Una seconda opzione era stata quella di mettere mano alla struttura esistente in modo efficace “inglobando” nell’area carceraria anche la palazzina che attualmente ospita la sede della polizia locale che sarebbe stata trasferita altrove. Un progetto ancora più imponente, dunque. Una sfida: rendere il carcere moderno e sicuro, senza spostarlo in periferia ma facendo restare la casa circondariale parte integrante del tessuto urbano. Un messaggio che era piaciuto a molti: la finalità della pena è rieducativa. Sbagliato isolare i detenuti, giusto che il carcere resti in città. Di fatto la situazione è rimasta immutata. E i fondi per intervenire sono rimasti nel limbo (qui chiaramente il livello è ministeriale non locale). In queste condizioni lo “padellare” dei detenuti si farà sentire ancora molto a lungo.