«Un vero canile deve diventare un luogo aperto alla cittadinanza»

Luca Spennacchio, intervenuto a Varese, è uno dei più qualificati educatori cinofili del nostro Paese

Luca Spennacchio a Varese per presentare il “canile ideale”. Uno dei più qualificati educatori cinofili italiani, che ha dedicato dieci anni della sua attività proprio ai canili, ha fatto tappa a Varese per spiegare come rendere operativa una struttura quale luogo di servizi alla cittadinanza e di diffusione culturale per la rivalutazione del rapporto uomo-cane. È stato ospite della Lega del Cane sezione Varese in un incontro al Santuccio organizzato in collaborazione con Dog city Park per presentare il suo libro «Canile

3.0». Quale migliore occasione per chiedere al massimo esperto in tema, come Varese può uscire dall’empasse di un canile che vive in perenne stato emergenziale, con una struttura obsoleta e malandata che rappresenta solo una spesa per la pubblica amministrazione. «Secondo le problematiche di ogni struttura è necessario fare il punto della situazione – spiega Luca Spennacchio -. Il canile di Varese sorge in un luogo geograficamente scomodo, tra un campo nomadi e il depuratore e questo è il problema principale. Mi sembra di aver capito che il Comune voglia aprire un nuovo ingresso, dal lato del centro commerciale e questo già potrebbe contribuire a fare il passo deciso per migliorare l’immagine che i cittadini hanno oggi della struttura». Un luogo triste effettivamente, che pochi frequentano e di cui si sente parlare solo quando si allaga. «Il primo passo è quello di renderlo accessibile, aprirlo alla cittadinanza. Il canile di Mantova, per esempio, è in un grande parco molto frequentato. Questo fa si che la cittadinanza possa incontrare i cani del canile insieme agli operatori e sia informata sulle iniziative che mette in campo, che risultano sempre molto partecipate. L’ubicazione, sembra banale, ma è fondamentale per far scattare quel meccanismo di partecipazione che con il tempo dovrebbe rendere il canile quella struttura che genera anche profitto e che si auto-sostiene, tenendo sempre ben presente che l’obiettivo è il benessere degli animali di cui si occupa». Il virtuosismo è doppio infatti: da una parte una struttura funzionale, gestita da professionisti può aiutare i cani abbandonati ad essere adottati più velocemente. Diminuendo le presenze si può quindi pensare di ottimizzare la struttura trasformando i box vuoti in pensione aprendo così alla cittadinanza anche con una serie di altri servizi che attirano le aziende e generano profitto. Purtroppo però un discorso del genere in una situazione di perenne emergenza è difficile da immaginare. Un altro problema che gli operatori si trovano ad affrontare in questo periodo è quelle degli abbandoni, sempre in aumento. «È un fenomeno che oggi è addirittura legalizzato – dice -. Le persone si recano sempre più spesso al canile per lasciare il loro cane e pretendono che venga accolto. L’unico modo per combatterlo è fare dell’educazione cinofila». Termine spesso confuso con addestramento, ma che in realtà non ha niente a che fare con le cose si possono insegnare al cane. «L’educazione cinofila serve alle persone per imparare cose sul cane, non a insegnare al cane a fare delle cose che in realtà sa già fare. Sembra assurdo, visto che ci accompagniamo a loro da migliaia di anni, ma ancora oggi si sceglie un cane senza sapere quale sia la sua indole e la sua natura e finché sarà così, la gente prenderà cani che poi si troverà a non saper gestire e li porterà in canile».