Trasportò droga con l’ultraleggero. C’è la condanna a cinque anni

La sentenza per Pasquale D’Ambrosio è stata emessa ieri dal tribunale di Torino

Traffico internazionale di stupefacenti: condannato a 5 anni (in primo grado) Pasquale D’Ambrosio, sino a qualche anno fa gestore del famoso lido La Noce di Angera. La sentenza è stata pronunciata dai giudici del tribunale di Torino.

D’Ambrosio, 60 anni, era stato arrestato dagli uomini della squadra mobile di Varese nel 2015: ha già fatto sapere tramite i propri legali che ricorrerà in Appello. La Noce, intanto, settimana scorsa è stato dato alle fiamme da ignoti piromani: gli inquirenti non escludono che possa essersi trattato di una vendetta collegata al mondo del traffico di stupefacenti.

Ad incastrare D’Ambrosio, ristoratore con la passione per il volo, proprietario di un ultraleggero Dynamic, sarebbero stati i cellulari sequestrati dagli inquirenti ai presunti complici. Secondo quanto contenuto nei messaggi finiti agli atti della magistratura il 4 giugno 2015 il sessantenne (detenuto oggi ai domiciliari dopo un periodo passato in carcere) avrebbe effettuato una corposa consegna di droga. In tutto 76 chilogrammi di marijuana trasportati con il suo ultraleggero sino a Gattinara, in provincia di Vercelli. Da Gattinara fece scalo a Torre sant’Andrea (Lecce).

La mattina seguente partì per l’Albania dove ricevette, da un fornitore albanese sconosciuto, i 76 chilogrammi che occultò nell’apparecchiatura del velivolo. Il giorno stesso giunse fino a Gattinara dove il carico venne preso in consegna da Rosario Campisi (considerato dagli inquirenti uno dei capi del sodalizio) e dagli albanesi Maksim Llanaj e Gezim Borakaj.

Questi ultimi portarono la droga a Torino, la piazza nella quale vendettero il roba e dove sono da tempo attivi. D’Ambrosio è stato assolto da altri due capi di imputazione relativi ad altre due presunte consegne (in un caso a quanto pare non trovò nessuno e tornò a casa) e dall’accusa di essere parte di un’associazione a delinquere.

In questo scenario appare più che mai sospetto, pochi giorni prima della sentenza, quello strano incendio doloso divampato settimana scorsa ad Angera che ha distrutto il bar che fu in quota a D’Ambrosio e che oggi è gestito da una società nella quale però compare anche un familiare del sessantenne. D’Ambrosio è stato condannato. Era a processo con il resto dei presunti complici. Perché vendicarsi adesso? Se di vendetta ovviamente si è trattato, come non escludono gli inquirenti.