BUSTO ARSIZIO La favola Ibici al capolinea, in cassa integrazione le ultime 19 lavoratrici. «La calza Ibici ci sarà sempre, ma che magone, quell’azienda è stata la nostra vita». Ormai sopravvive solo il marchio.
E’ scaduto sabato, e non è stato rinnovato, il contratto delle 19 dipendenti che dallo scorso mese di dicembre hanno lavorato “in affitto” nella sede ex Ibici di via Baden Powell nella zona industriale di Sacconago per conto della società mantovana Texnova,
che aveva temporaneamente rilevato il ramo d’azienda dopo il fallimento della Intimfashion, l’azienda di Cotignola (Ravenna) che nel 2007 ha acquisito la storica azienda bustese dal proprietario e fondatore Gustavo Sarfati. Per le 19 lavoratrici scatta di nuovo la cassa integrazione, al pari degli altri 40 dipendenti che erano stati lasciati a casa da Intimfashion nel settembre dello scorso anno, al termine di una lunga battaglia fatta di presidi giorno e notte del capannone di via Powell per ottenere gli stipendi arretrati.
«Sapevamo che l’affitto sarebbe scaduto ma in fondo al cuore un po’ ci speravamo nella possibilità di un rinnovo del contratto a tempo determinato – confessa Marisa De Stefano, che da rappresentante sindacale è stata la portavoce della battaglia di un anno fa davanti ai cancelli dell’ex Ibici – anche perché gli ordini c’erano e in questi 8 mesi, anche se abbiamo fatto solo magazzino e confezione e non produzione, abbiamo potuto vedere che il lavoro non manca».
Ormai a produrre le calze Ibici per conto di Texnova è un pool di aziende terziste, mentre Intimfashion è fallita e ha mantenuto attivo solo un capannone in Bosnia, sotto altra società. Insomma, guardando bene la vicenda è una piccola Mirafiori bustocca. «La calza Ibici c’è ancora e ci sarà sempre – ne sono convinte le lavoratrici di via Powell – rimane l’amaro in bocca per la consapevolezza che con una gestione diversa l’Ibici avrebbe potuto andare avanti e avere futuro». Il magone aumenta quando gli “ex” della storica azienda di calze passano in largo Ticino, dove il capannone Ibici è stato raso al suolo per far posto a palazzi residenziali.
«Io ci sono entrata praticamente da bambina – racconta Marisa De Stefano – lì dentro ci vivevamo, dato che si facevano parecchie ore di straordinario. Abbiamo vissuto i tempi d’oro con l’apice dell’occupazione, più di 400 dipendenti». Erano gli anni ’80-’90, la nostalgia è tanta ma adesso per i 58 ex lavoratori Ibici c’è un futuro incerto da affrontare. «Nel frattempo solo sei persone sulle 40 già entrate in cassa integrazione hanno trovato una ricollocazione nel mercato del lavoro, contratti a termine ma meglio di niente – prosegue Marisa – di questi 6 appena una donna, una delle più giovani del gruppo tra l’altro. Per noi che abbiamo più di 30 anni di esperienza sarà difficilissimo trovare lavoro, anche se siamo disponibili a tutto e siamo abituate ai turni: in questo però noi donne siamo sempre penalizzate».
Ma questa, forse, è un’altra storia. Anche se non meno importante di quella che si è appena tristemente chiusa, una storia che riguarda la vita di donne e famiglie bustesi.
Andrea Aliverti
m.lualdi
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