Auto impazzita sulla folla Condannato l’automobilista

VIGGIU’ Salvatore Arnone è colpevole per la morte della quattordicenne Alessia Apollonia e il ferimento di altre tredici persone (una delle quali con lesioni gravi permanenti): lo ha stabilito ieri il giudice per l’udienza preliminare Giuseppe Fazio che ha condannato il 54enne giardiniere di Viggiù a sei anni di carcere per la tragedia della Baraggia, avvenuta il 20 gennaio del 2008, quando, alla guida della sua auto, una Opel Meriva, piombò a tutta velocità sulla folla che si accalcava lungo la strada per la festa patronale di Sant’Antonio.

Si sfiorò il disastro, fu una tragedia di cui il paese conserva ancora nitida la memoria.
Il giudice ha deciso che i risarcimenti vengano stabiliti in separata sede civile. L’assicurazione ha liquidato un milione e 730mila euro: distanti dalle richieste delle parti civili, che sfiorano i 4 milioni di euro.
Un dispositivo così severo è in un certo senso una doccia fredda per l’imputato, perché lo scorso anno la procura (i pm Agostino Abate prima e Tiziano Masini poi) aveva avanzato una richiesta di condanna decisamente più mite, a quattro anni e mezzo, che teneva conto dello sconto di pena per il rito abbreviato e soprattutto concedeva le attenuanti generiche. Ma ieri il pm Massimo Baraldo si è spinto molto oltre, fino a chiedere addirittura otto anni. Peraltro il caso non è di semplice lettura, perché, come è stato accertato, fu sicuramente una crisi epilettica a causare l’incidente: Arnone così perse il controllo della sua macchina e travolse le persone che erano per strada, in un tratto chiuso al traffico e riservato ai pedoni per la sagra paesana. Secondo la perizia del neuropsichiatra nominato dal tribunale, il professor Carlo Galimberti, dell’Università di Pavia, dato il suo basso tasso di scolarizzazione, il giardiniere non poteva essere consapevole dei rischi a cui andava incontro. Sulla stessa lunghezza d’onda le conclusioni alle quali era giunto il professor Angelo Castiglioni, dell’Università di Milano, perito nominato dallo stesso Arnone. Non così invece il professor Angelo De Mori, dell’Università di Genova, nominato dalle numerose parti civili: l’imputato, come sostiene l’accusa, era consapevole del rischio al quale si esponeva guidando un’automobile. Una tesi che il giudice ha fatto propria. Depongono a sfavore dell’imputato ben due precedenti, entrambi avvenuti a Induno Olona, mentre era alla guida della sua macchina. Nel 2004, quando investì una donna, e fuggì. E un mese prima della tragedia della Baraggia, quando, in seguito all’ennesima crisi epilettica causò solo danni, distruggendo una edicola in centro al paese.
Si tratta, ha concluso il pm, «di un caso scolastico di colpa cosciente»: malgrado Arnone sapesse di soffrire di epilessia, continuava a guidare. «La patente mi serve per lavorare» ha dichiarato. «Spero non mi succeda ancora». Parole delle quali il giudice sembra avere tenuto ben conto, quando ha scritto la sua sentenza. Ora la patente gli è stata sospesa per quattro anni, e gli è stato imposto l’obbligo di sottoporsi a cure continue all’ospedale di Circolo di Varese. Così, negli ultimi due anni i medici hanno registrato una decina di crisi: e dovranno passare due anni senza più un episodio, prima che possa riottenere la licenza di guida. La sentenza è stata accolta con disappunto dall’avvocato Augusto Basilico, difensore di Arnone, del quale aveva chiesto l’assoluzione «perché malato e incapace al momento dell’incidente». Preannuncia appello, non appena saranno depositate le motivazioni, entro 40 giorni.
«Ma il punto non è se fosse incapace al momento dell’incidente, ma se fosse consapevole dei rischi che si assumeva mettendosi alla guida della macchina» ha puntualizzato l’avvocato Renato Prestinoni, difensore di parte civile dei familiari della povera Alessia Apollonia. «L’importante ora è che questo uomo non guidi più la macchina, e sotto questo punto la sentenza ci soddisfa pienamente».

b.melazzini

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