Bengasi, 8 apr. (TMNews) – Sale la tensione tra l’alleanza atlantica e i ribelli Libici. Dopo l’errore di ieri, che ha fatto nuove vittime da “fuoco amico”, l’alleanza chiede scusa per bocca del segretario generale Rasmussen ma da Misurata, a loro volta, i ribelli accusano l’alleanza di non agire e di lasciarli al loro destino. Dall’Italia, il ministro della difesa La Russa precisa: sulle modalità di partecipazione italiana alla missione Nato, dice, “non decido solo io”.
I ribelli di Misurata bersagliati dal fuoco dell’artiglieria di Gheddafi criticano quindi la Nato, accusata di passività e inerzia di fronte all’aggressività delle forze lealiste. Un portavoce dei ribelli, sotto anonimato, denuncia: “dubitiamo delle intenzioni della Nato. Gli abbiamo indicato le posizioni delle forze di Gheddafi all’interno della città ma lontano daa quasiasi presenza dei cvili ma la nato non ha deciso alcuna azione”. Il portavoce ha aggiunto che in città si continua a combattere.
Gli scontri principali si registrano presso Viale Tripoli, dove sui tetti sono posizionati dei cecchini. Secondo il portavoce le forze lealiste stanno cercando di avanzae per prendere il controllo del porto in modo da tagliare qualsiasi rifornimento ai ribelli.
Quanto all’episodio di fuoco amico che ha provocato la morte di diversi combattenti dell’opposizione a Brega, La Nato ammette l’incidente, dopo un’iniziale cautela, e chiede scusa. Il segretario generale Anders Fogh Rasmussen ha espresso il suo rincrescimento per i morti causati ieri tra i ribelli libici da un raid dell’aviazione alleata presso Brega. “é stato uno
sciagurato incidente, mi dispiace moltissimo per i morti” ha detto Rasmussen assumendo esplicitamente la responsabilità di quanto accaduto ieri. Qualche ora prima, il comandante in capo aggiunto dell’operazione Protezione Unificata, il controammiraglio britannico Russel Harding, si era rifiutato di presentare scuse rinviando qualsiasi decisione in proposito alla conclusione dell’inchiesta decisa per fare luce su quanto accaduto.
Sempre oggi, per bocca della sua portavoce Oana Lungescu, la Nato ha spiegato che colpire gli obiettivi prefissati “senza provocare vittime civili è molto difficile”, anche perché i militari fedeli a Muammar Gheddafi stanno utilizzando i civili “come scudi umani”. Per questo, anche se non si può parare di “impasse” militare sul terreno, è importante trovare una rapida “soluzione politica al conflitto”, che non può non passare dalla “fine delle violenze e dall’immediata transizione verso un potere democratico”, ha aggiunto la portavoce.
E, a proprio relativamente a tempi e modi della missione, il ministro della difesa italiano la Russa spiega che le decisioni sulle modalità di partecipazione italiana non dipendono solo dal suo dicastero ma anche dai contatti e dai rapporti con gli altri paesi aderenti. “Le decisioni sulle modalità con cui partecipiamo alla missione non sono solo mie”, ha dichiarato La Russa in riferimento alla richiesta Nato di partecipare ai bombardamenti sulla Libia. Il ministro ha poi aggiunto che, “personalmente, ho continuo e amichevole contatto con i ministri dei principali paesi che partecipano alla missione”. La Russa ha poi ricordato che i due pilastri entro cui si muove il governo italiano in questa missione sono “da un lato la moderazione e la prudenza come ci ha raccomandato il Parlamento, dall’altro la piena volontà di attuazione della Risoluzione Onu per la protezione dei civili in Libia”.
Infne, uno dei comandanti militari dei ribelli libici, il generale Abdul Fatah Yunis, ha ammesso per la prima volta che i combattenti dell’opposizione al regime di Muammar Gheddafi hanno ricevuto armi da paesi stranieri. Secondo l’emittente panaraba al Jazeera, si tratterebbe di armi anticarro del Qatar.
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