Londra, 30 gen. (Apcom) – La protesta contro l’arrivo di operai
italiani e portoghesi sul sito della raffineria Lindsey Oil,
nell’est dell’Inghilterra, continua ad estendersi a macchia
d’olio in tutto il Regno Unito. Per il terzo giorno, i lavoratori
hanno incrociato le braccia nel sito del Lincolnshire ma altre
centinaia sono in sciopero in Scozia, in Galles e in altre
regioni dell’Inghilterra. E per il ministro dell’Ambiente, Hilary
Benn, gli operai inglesi inferociti “hanno diritto ad avere una
risposta”. Di più: il governo inglese attraverso un portavoce fa
sapere che “entro pochi giorni” avrà colloqui con l’industria del
settore.
All’origine della protesta, iniziata mercoledì scorso, la scelta,
da parte della compagnia petrolifera francese, dell’impresa
italiana Irem per la costruzione di un nuovo impianto della
raffineria: un appalto da 220 milioni di euro con l’impiego di
operai italiani e portoghesi. La Irem Spa è un gruppo di Siracusa
attivo nel settore delle costruzioni e montaggi meccanici, con
filiali in Francia, Belgio, Svizzera, Spagna, Libia e
Azerbaigian.
E la vicenda con tutte le sue implicazioni comincia a rimbalzare
sui siti internazionali. L Total, che gestisce la raffineria del
Lincolnshire, afferma che non ci saranno licenziamenti “diretti”
come risultato dell’appalto e che il personale impiegato dalla
Irem sarà pagato esattamente come altri lavoratori sul sito (non
si tratterebbe quindi di risparmiare sul costo della forza
lavoro).
La Lindsey Oil Refinery si trova sulla Eastfield Road a North
Killingholme, North Lincolnshire. Entrata in funzione nel 1968,
impiega uno staff permanente di circa 500 persone oltre a diverse
centinaia di lavoratori sotto contratto temporaneo; possono
essere migliaia di persone in periodo di manutenzione o di
rinnovamento. L’impianto tratta circa 10 milioni di greggio
all’anno, cioè 200mila barili al giorno, importati attraverso due
oleodotti.
La Total sottolinea che la Irem utilizza forza lavoro
specializzata; del resto il vicepresidente del gruppi siracusano,
Giovanni Musso, ha dichiarato ad Apcom “dobbiamo realizzare
lavori per 17 milioni di euro, in quattro mesi. Sono opere ad
alta specializzazione e, quindi, servono operai specializzati.
Loro in quella raffineria avevano
problemi con questo progetto che dura da anni e ci hanno
chiamati. Abbiamo fatto una gara – precisa – e l’abbiamo vinta
secondo le norme internazionali”.
Ma i locali non sono d’accordo. Il rappresentante sindacale
locale, Bernard McAuley, oggi in comizio ha dichiarato “ci sono
sufficienti operai specializzati disoccupati che vogliono il
diritto a lavorare su questo sito e chiedono il diritto a
lavorarci. Vogliamo giustizia”.
E il governo di Londra cerca di buttare acqua sul fuoco. In
tempo di crisi, ognuno per sé: altro che idraulico polacco, la
libera circolazione dei lavoratori Ue sembra dimenticata. McAuley
ha detto che i leader di Unite, il suo sindacato, hanno chiesto
al primo ministro Gordon Brown un incontro urgente con i leader
dell’industria metalmeccanica e di costruzione.
E un portavoce del governo in effetti ha risposto. L’esecutivo
terrà nei prossimi giorni degli incontri con l’industria per
“garantire che stanno facendo tutto il possibile per sostenere
l’economia britannica”. Quanto ai sindacati, non si specifica, ma
i contratti della raffineria Lindsey sono stati appaltati “un po’
di tempo fa”, quando nel settore c’era una carenza di forza
lavoro che oggi non esiste più. In altri termini: era impossibile
prevedere all’epoca che quei posti di lavoro sarebbero serviti
agli inglesi…
Aqu
© riproduzione riservata