È la quarta volta che a Lampedusa i “poveri asilanti” sfasciano e bruciano il centro di prima accoglienza (i danni chi li paga?). Ormai dovrebbe essere chiaro a tutti, in primis ai politici in cerca di futuri elettori e alle anime belle caritatevoli cosa succede a dare una mano a questa gente. La riprova si è avuta anche in Francia e Inghilterra dove è accaduto anche di peggio.
Sarebbe interessante conoscere cosa ne pensano tutti coloro che da anni scrivono a questa rubrica dando del razzista, del farlocco, dell’egoista eccetera a quei pochi che timidamente osavano avanzare dei dubbi su questi arrivi. Anzi se vogliamo dargli il nome più appropriato diciamo pure, invasione. Se in dieci anni ne sono arrivati più di tre milioni, al ritmo di 300mila all’anno, se non è un’invasione che cos’è?
Stefani Rovagnati
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Che cosa facciamo con questi invasori, come li chiama lei? Adoperiamo la tecnica del ricaccio, respingendoli e lasciandoli affogare? Scordiamo i fondamentali dell’umanitarismo? Ce ne freghiamo dell’applicazione di regole che il nostro Stato prevede per sé e per altri diversi da sé, qualora gli capiti d’incrociarli nella sua storia?
I tedeschi hanno accolto e integrato negli anni scorsi più di cinque milioni di turchi, i francesi un numero superiore d’africani, gl’inglesi fondano parte della loro economia sul contributo straniero (lontanamente straniero). Dovremmo essere capaci di fare lo stesso. E naturalmente di controllare meglio i nostri confini, d’intrattenere rapporti con l’Europa e i Paesi del Mediterraneo che non ci releghino nella solitudine quand’è l’ora dell’emergenza, di renderci interlocutore privilegiato e non secondario degli americani, cui sta a cuore questa parte del mondo. Obama ha ringraziato perfino la Norvegia per il contributo dato alla cacciata di Gheddafi. Non l’Italia. Qualcosa vorrà pur dire. Infine: quanti sono gl’invasori che sfruttiamo per il sommerso della nostra economia e delle nostre necessità sociali? Diamoci qualche risposta, oltre che fare molte domande.
Max Lodi
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