Caso Uva, ancora veleno Il superperito accusa il pm

VARESE È un processo denso di veleni, quello che dovrà fare giustizia sulla morte del povero Giuseppe Uva. Non bastavano le continue e accese dispute tra il pubblico ministero Agostino Abate e l’avvocato di parte civile Fabio Anselmo che rappresenta Lucia, una delle sorelle della vittima.

Adesso ad aggiungere fiele a fiele si è aperto un altro fronte ancora: quello che oppone la procura a uno dei tre periti nominati dal tribunale per fare luce sulla causa della morte. Angelo Demori ha preso carta e penna per replicare alle considerazioni che il pm aveva rivolto nei suoi confronti durante la requisitoria. Abate aveva criticato il curriculum di Demori, sollevando forti perplessità sul suo diritto di appellarsi “professore”. Di riflesso, Abate aveva manifestato dubbi circa le qualifiche di Demori: qualifiche necessarie per assolvere un compito complesso e delicato come quello affidato dal tribunale.

Demori non ci sta e, in una lettera, parte al contrattacco. Secondo il perito, la formulazione del capo di imputazione di Abate (che ha chiesto la condanna dello psichiatra Carlo Fraticelli per omicidio colposo) avrebbe «la consistenza della trama di un’operetta». Per Demori, «l’astio che il dottor Abate manifesta nei confronti del collegio (composto dai tre perditi, ndr)» deriverebbe da supposti

«clamorosi errori» nelle indagini. Come testimone delle sue parole, Demori addita le foto scattate da Lucia Uva nell’obitorio che mostrano vaste chiazze violacee sul cadavere del fratello: macchie ipostatiche secondo la procura; segni di inenarrabili violenze secondo la sorella. «Come ha fatto a fotografarlo nella cella frigorifera? – domanda Demori – significa che nell’obitorio varesino si entra come in un bar?».

In realtà, come ha spiegato lo stesso Abate, la segnalazione che una morte sospetta era avvenuta in ospedale giunse in procura solo il lunedì; mentre Uva spirò il sabato. La sorella Lucia, chiamata d’urgenza, documentò la stato della salma con la propria macchina fotografica. Come ha riconosciuto il pm, la sorella poté avvicinare il fratello perché il personale dell’ospedale fu mosso «dall’umana pietà». Demori fa sapere di essere in attesa di leggere la fonotrascrizione dell’udienza, e di non escludere di agire in altra sede nei confronti del pubblico ministero.

e.marletta

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