Malpensa– «Tanti dipendenti Sea magari sono pure residenti a Varese, non votano neanche a Milano. Però ci si permette di dire quello che dobbiamo o non dobbiamo fare».
Sono bastate queste parole di Bruno Tabacci, assessore al Bilancio del Comune di Milano, per far scattare la replica dura del sindacato e non solo di quello della provincia di Varese.
«Quanto dichiarato da Tabacci è inaccettabile», sbotta Dario Grilanda, segretario generale della Fit Cisl di Varese. «Tutti i lavoratori di Sea, quelli di Malpensa in testa visto che sono la maggioranza (circa 3.500 su 5.500) hanno prodotto ricchezza per questo territorio e per la città di Milano. Hanno fatto grandi sacrifici: all’apertura dell’hub quando la situazione era disastrosa, è stato l’impegno dei lavoratori (oltre a quello dell’azienda) a non far capitolare
l’aeroporto sotto gli occhi di tutti, Europa compresa». Quattro anni fa, il dehhubing di Alitalia e «anche in quel caso, sono stati gli accordi tra azienda e sindacati a consentire la tenuta del Gruppo, tra cassa integrazione, due mobilità per circa 600 dipendenti e una massiccia riorganizzazione del lavoro», appunta Grilanda. «E ora Tabacci ci viene a dire che i lavoratori di Malpensa non dovrebbero poter dire la loro e scioperare?»
Anche dai segretari generali regionali dei trasporti, la voce è unanime: «Sostenere che solo i cittadini e i lavoratori di Milano possano dire qualcosa sulla vendita di Sea è come affermare che in un’azienda a capitale americano che opera in territorio Italiano solo i cittadini americani possano dire qualcosa». Da ieri, Milano è tappezzata da duemila manifesti firmati Cgil, Cisl e Uil con scritto: «Sea oggi è una risorsa per i cittadini. Non vogliamo che diventi una ricchezza per pochi».
Entro giugno, per l’approvazione del bilancio di previsione, Palazzo Marino dovrà aver deciso se e come vendere altre quote di Sea. «Il nostro paletto è il mantenimento della maggioranza al Comune», ribadisce Grilanda. «Non si tratta di aver paura del “privato” ma di pretendere garanzie per il lavoro di domani, per i giovani. Non è una questione di posto fisso ma di lavoro che resti, con un salario dignitoso e regole ben precise che ne garantiscano la sicurezza. Sono queste le basi che consentono di parlare di futuro aeroportuale». Viceversa, «non ci sarebbe più nulla da dire» chiosa Grilanda.
Alessandra Pedroni
p.rossetti
© riproduzione riservata