Da moglie diventa schiava Condannato marito-padrone

VARESE Fatima, il nome è di fantasia, è marocchina. Ha trent’anni, è colta (si stava laureando in lingue arabe) ed è una musulmana osservante. Porta il velo e le è stato insegnato che deve camminare un passo indietro al marito.
Ma a un certo punto anche lei ha detto basta. Perché quando è approdata in Italia è stata trasformata da moglie in schiava.
Ieri il collegio giudicante presieduto da Anna Giorgetti ha condannato a tre anni e dieci mesi di reclusione Mohamed E.M.,

un saldatore di 35 anni di nazionalità marocchina. Era accusato di violenza sessuale e di sequestro di persona nei confronti della moglie (assistita dall’avvocato Riccardo Riccardi), alla quale dovrà anche versare un risarcimento pari a 25mila euro (più le spese legali). Il pubblico ministero Sabrina Ditaranto era stata ancora più severa, e aveva domandato una condanna a quattro anni e nover mesi di galera.
La vicenda ricostruita in aula è quasi disarmante, nella sua esemplare drammaticità. Mohamed, che già lavora in Italia, torna in patria per una vacanza. Lì conosce Fatima. Il matrimonio viene combinato e la giovane coppia si sposa nell’agosto 2004.
Lei ha una cultura universitaria, lui invece non è propriamente un intellettuale. Ma sono figli della stessa cultura, e hanno tutte le migliori intenzioni di far funzionare il rapporto.
Nel 2005 Fatima raggiunge Mohamed in Italia: per lui lascia l’università, convinta di poter continuare a studiare a Varese.
Ma una volta giunta qui, le cose cambiano. Mohamed vuole essere il padrone assoluto della vita della moglie. Le impedisce di uscire di casa, se non accompagnato da lui. Non vuole che parli con nessuno, nemmeno con la famiglia di origine, madre compresa. Per questo le proibisce di usare il cellulare (che tra l’altro le ricarica con il contagocce) se non nascondendo l’identità del chiamante: non vuole che nessuno abbia il suo numero, non vuole che nessuno la chiami a sua insaputa.
Per impedirle di comunicare, le vieta persino di frequentare le scuole che insegnano l’italiano
Quando Mohamed esce di casa, chiude a chiave le due porte e se ne va lasciando Fatima prigioniera. E quando torna, lei deve essere a sua disposizione: deve fare il suo “dovere” di moglie, altrimenti sono botte.
Fatima subisce a lungo in silenzio: è stata educata a obbedire al marito.
Ma a un certo punto non ce la fa più. Trova in casa la seconda chiave di una delle due porte. E quando il marito, forse per eccesso di sicurezza, si dimentica di chiuderne una, scende in strada. Si rivolge a un’edicolante in zona ospedale. Le chiede in francese dove si trovino il Comune e la questura. Poi scappa indietro. Qualche giorno dopo, è il 5 maggio 2007, ritrova il coraggio e chiede di nuovo aiuto alla stessa edicolante. La signora capisce tutto e chiama la polizia locale.
Fatima trova rifugio in una comunità protetta per un anno e mezzo, mentre ora abita nel Milanese. Ha divorziato, ma ha ancora paura di Mohamed. Non vuole fissare una residenza per paura che lui la rintracci. E che gliela faccia pagare.

s.bartolini

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