«Ho dovuto restare per circa 8 mesi in congedo parentale, licenziarmi e rinunciare alla carriera. E, dopo 10 anni, sforzarmi d’indossare i panni dell’insegnante». Per una volta non è una mamma a lamentare di non riuscire a conciliare lavoro e carriera. Quando ci prova un papà a realizzarsi come genitore e come lavoratore, trova difficoltà anche maggiori, essendo ancora scarsamente riconosciuta in Italia la cultura della paternità, anche a livello legislativo.Roberto Zoni, 48 anni, una casa a Brunate e un lavoro d’insegnante d’Informatica al Setificio, sa cosa vuol dire modificare la propria vita sulla base
delle esigenze dei figli. Senza intaccare il lavoro e le aspirazioni della moglie chirurgo. Infatti, «con la nascita dei miei quattro figli, la mia vita ha subito una forte scossa, soprattutto sotto il profilo lavorativo – racconta – il tutto, perché nei luoghi di lavoro, comprese le scuole, non è ancora prevista la creazione di nidi e asili interni per aiutare i genitori nelle fasi di crescita dei figli».Così, Roberto, che già sognava una carriera nell’industria dell’informatica, abbandona prima la Systel, poi la Akerman Advisory Association, due poli produttivi svizzeri specializzati nella realizzazione di sistemi informatici.
a.savini
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