C’è un tesoro degli italiani che questo Europeo di calcio evidenzia con chiarezza ed è la fantasia. Siamo un popolo confusionario, talvolta furbastro, qualche altra ignavo e l’obbedienza alle regole ci infastidisce. Però sappiamo esercitare al meglio la dote della fantasia. Nessun tedesco avrebbe mai tirato un rigore come ha fatto Pirlo e come fece a suo tempo Totti. Nella vita ci vuole anche la fantasia, e ne abbiamo in abbondanza. Dovrebbe entrare nel computo delle materie prime, lo dica il presidente Monti alla Merkel.
Paolo di Benedetto
Forse Monti gliel’ha già detto. Anzi, senz’altro. La fantasia è il genio, e tra gl’italiani vi sono stati e vi sono numerosi geni. È un nostro tratto distintivo, ci qualifica come sorprendenti e immaginifici.
Dotati della capacità di leggere le cose del mondo con la poesia, e non solo con la prosa.
E per questo motivo capaci di navigare meglio di altri sulle onde della vita, tanto che – pur non aspirandovi – talvolta conquistiamo perfino la santificazione (una santificazione laica) grazie alle nostre opere. La fantasia è un tratto dell’essere italiani che c’inorgoglisce. La disciplina può essere imparata, la fantasia no. Pirlo è capace d’infilzare uno smanacciante portiere avversario con un beffardo cucchiaio, Schweinsteiger sa andar solo di forchetta e coltello.
A un cucchiaio non c’è difesa per il suo profilo sfuggente, a forchetta e coltello sì per la loro prevedibilità. La fantasia dispensa entusiasmo e l’entusiasmo è per la vita quello che la fame è per il cibo.
Non a caso su questo tema il filosofo Bertrand Russell scrisse negli anni Trenta il saggio “La conquista della felicità”: Russell era inglese. Ricordò che l’entusiasmo ti impegna con passione, ti fa desiderare il massimo, riesce a rendere possibile ciò che non sembrerebbe esserlo.
Né Hodgson né Rooney né alcun altro dei suoi connazionali pedatori del terzo millennio han dato l’impressione d’averlo letto. Guardate a dove può portare l’indifferenza verso i classici.
Max Lodi
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