La Pira fece grandi cose. E i re d’oggi?

Ricorre quest’anno il sessantesimo anniversario della pubblicazione di uno dei più famosi saggi di Giorgio La Pira dal titolo “Le attese della povera gente”. Era il 1951 quando La Pira, eletto sindaco di Firenze, pubblicò sulla rivista “Cronache sociali” questo straordinario saggio considerato da tanti autorevoli studiosi il suo manifesto politico più rappresentativo. Come è noto il tema dominante del saggio si riassumeva nella celebre e significativa espressione «una casa e un lavoro per tutti». É sorprendente constatare

come a distanza di più di mezzo secolo la sua attività politica e una gran parte dei contenuti dei suoi saggi siano ancora di attualità. Il suo agire politico, sostenuto dalla fede cristiana vissuta con grande coerenza ha segnato, in termini di dedizione, impegno e spirito di servizio, marcatamente la differenza dalla politica italiana di quest’ultimi decenni e resta, per tutti soprattutto in questa delicata fase della vita del nostro Paese un riferimento di grande rilievo etico e morale.

Antonio Foti
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La Pira testimoniò il cristianesimo applicato alla politica. Non l’opposto, come qualche successore. Trasferì nella seconda i principi del primo, e dimostrò cha una politica cristiana può essere utile anche per i non cristiani. Fu uomo rigoroso, pragmatico, collettivista: cioè animato da spirito di servizio e non da interessi di bottega. Un antitaliano perfetto, ovvero l’unico archetipo in grado di governare gl’italiani. O perlomeno una parte di loro: chissà se La Pira sarebbe riuscito anche a Roma (Roma intesa come capitale) com’era riuscito a Firenze. Non esiste la controprova, ma vien voglia di rispondere di no: siamo troppo ispirati al particolarismo atavico per credere alle capacità di uno espresse a favore di tutti. Diffidiamo dei generalisti, e quand’è capitata l’occasione, gli abbiamo preferito i generali. Il re addobbato da capo delle forze armate, il duce addobbato e basta.

Max Lodi

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