Bene ha fatto il Governo Monti a declinare la candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2020, forse prevedendo le “abbuffate” che ne sarebbero scaturite. Ripensando alla storia ricordo che i Greci antichi, frazionati in varie “polis” spesso in contrasto tra loro, riuscirono ad ottenere una sintesi “pacifica” della loro “unità nazionale” aggregando forze diverse intorno ad una “città simbolo”, Olimpia, dove ogni quattro anni confluivano per i giochi (“internazionali” per il tempo) tutte le polis dell’Ellade con i
loro atleti migliori. Se il mondo conosciuto dai Greci era limitato alla loro penisola e pochi stati costieri vicini, oggi che il mondo non conosce confini non si potrebbe fare qualcosa di simile, cioè individuare una città del mondo in cui svolgere d’ora in poi le Olimpiadi? Si eviterebbero così inutili, campanilistiche diatribe, e si concentrerebbero gli impegni finanziari di tutti gli Stati mondiali per la costruzione e la manutenzione nel tempo delle strutture e infrastrutture necessarie ai Giochi.
Giovanni Dotti
Le Olimpiadi sono occasioni di sviluppo economico per il Paese che le organizza, di scambio di culture ed esperienze, di confronti progettuali interessanti. Di crogiuolo d’idee, di progettualità audaci, di concorrenza positiva. Aiutano chi le ospita a migliorare la propria condizione sociale, e perfino a cambiare le carte del gioco politico, se è un gioco riservato a pochi. Rappresentano talvolta circostanze di riscatto, mobilitando l’orgoglio nazionale. Senza le Olimpiadi viaggianti, avremmo un mondo più fermo. E fermo vuol dire privo di slancio, incline alla conservazione, proclive al pessimismo. Il campanilismo non è sempre da aborrire, praticandolo si può riuscire a dare il meglio di sé, oltre che rischiare di dare il peggio. Proprio i Greci fecero del campanilismo la loro forza. Olimpia fu allora un’eccezione accettata, suggerita dall’opportunità politica, oggi sarebbe un’inaccettabile regola. Che la politica per prima rifiuterebbe.
Max Lodi
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