Busto, prime condanne per il caso D’Aleo Ergastolo al killer, 11 anni al mandante

BUSTO ARSIZIO Omicidio D’Aleo: chiuso il primo grado per Fabio Nicastro e il pentito Rosario Vizzini. Ieri il gup di Milano ha pronunciato il dispositivo che condanna Nicastro all’ergastolo e Vizzini a 11 anni e 3 mesi di carcere (10 quelli chiesti dell’accusa): il primo avrebbe materialmente partecipato all’assassinio del picciotto ribelle, il secondo sarebbe il mandante.

Il giallo di Salvatore D’Aleo trovò soluzione nel luglio 2011. D’Aleo scomparve senza lasciare traccia nell’ottobre 2008: operaio, semplicemente non rincasò mai, svanendo letteralmente nel nulla.

Lo scomparso era molto vicino alla cosca guidata da Rosario Vizzini, capobastone in Lombardia del clan gelese dei Rinzivillo-Madonia. «Un picciotto», dirà poi Vizzini quando, arrestato dagli uomini della squadra mobile di Varese nel corso dell’operazione Fire Off, decise il 9 giugno 2011 di pentirsi e diventare collaboratore di giustizia.

Fu Vizzini a dare le informazioni necessarie per sciogliere il giallo. D’Aleo era un picciotto intraprendente, troppo. Tanto da usare il suo nome e quello di Nicastro per mettere a segno estorsioni in proprio. E quella voglia di autonomia gli costò la vita. Vizzini dichiarò che Nicastro ed Emanuele Italiano (affronterà a Busto la Corte d’Assise) gli riferirono quanto stava accadendo. Fu lui a ordinare l’omicidio, consumato dagli altri due.

D’Aleo fu portato nei boschi di Vizziola Ticino, in zona centrale Enel, e ucciso con due colpi di pistola: per Nicastro pare si trattasse del “battesimo del sangue”. Anni dopo fu Vizzini, da pentito, a dire agli inquirenti «scavate qui», dopo aver battuto il piede a terra tra i boschi di Vizzola. E di D’Aleo emersero le ossa.

Simona Carnaghi

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