SOLBIATE ARNO Ha visto la figlia di 16 anni stare male, deperire; e poi ha scoperto ammanchi di preziosi in casa: ha pensato alla droga e, una volta avuta conferma, prima ha messo al sicuro la ragazza in una comunità di recupero e poi si è improvvisata detective. E con due distinte denunce ha incastrato i due fornitori di ecstasy della figlia, entrambi di Solbiate Arno e assistiti dall’avvocato Gianluca Franchi di Varese. E ieri mattina ne ha ottenuto la condanna nel tribunale di Bergamo.A. G., 25 anni, già con due precedenti per spaccio al dettaglio e quindi con contestata l’aggravante della recidiva, è stato condannato con rito abbreviato a quattro anni e quattro mesi di reclusione, oltre a 18 mila euro di multa; pena più bassa e patteggiata invece per il complice, S. C., 21 anni, incensurato: per lui un anno e otto mesi di reclusione, con il beneficio della pena sospesa.Tutto comincia a ottobre 2010, quando la madre, 44 anni di Bergamo, vedova e con una figlia, si rende conto che in casa le mancano alcuni gioielli. Con il trascorrere del tempo, si rende conto che la figlia, all’epoca sedicenne, sta ogni giorno peggio: il sospetto che si affaccia alla mente è la possibilità che la ragazza faccia uso di droga.La donna riesce a portare la figlia in ospedale per sottoporsi ad analisi. L’esito conferma l’uso di sostanze stupefacenti, in particolare Mdma, o ecstasy.La donna non si lascia bloccare dalla disperazione. Il primo obiettivo è recuperare la figlia, farla uscire dal giro della droga: ed è per questo che la madre decide di allontanarla dalla bergamasca, e riesce a farla inserire
in una comunità terapeutica che si trova fuori dalla Lombardia.Ma non si ferma a questo: vuole anche trovare i responsabili di quanto accaduto alla figlia. Con tenacia e pazienza controlla gli effetti personali dell’adolescente, il telefono cellulare, il computer, i contatti in Internet.E proprio qui scopre alcune conversazioni che la figlia ha tenuto nella chat di Facebook con il venticinquenne di Solbiate Arno: leggendole vede che in diverse occasioni si parla di acquisto di ecstasy.La droga, scopre, la figlia la acquistava quando andava nella discoteca Bolgia, a Osio Sopra, con le amiche, in particolare durante le serate “hardcore”: uno dei fornitori sarebbe stato proprio il 25enne.La mamma stampa tutte le conversazioni e le porta alla squadra mobile di Bergamo: siamo a marzo 2011, e già in mano alla polizia ci sono un nome e decine di pagine di conversazioni in chat.Gli spacciatori sarebbero però almeno due: la donna prosegue nell’indagine, scopre almeno un paio di amiche della figlia a loro volta acquirenti; alla fine si finge amica della propria figlia e telefona al fornitore di ecstasy, e con qualche scusa riesce ad ottenere il cellulare del complice. Con quello in mano torna alla squadra mobile, e integra la denuncia: dal numero all’intestatario il passo è breve.Sul fascicolo per spaccio compaiono i nomi dei due giovani di Solbiate Arno. La polizia sente le amiche della ragazza, rintraccia altre conversazioni in chat, con offerte di ecstasy.Il cerchio si chiude. Alla sbarra finiscono, indagati a piede libero, i due giovani: devono rispondere di due episodi di cessione accertati, in entrambi i casi a minorenni.Venerdì le condanne: il difensore, in relazione al 25enne, ha preannunciato appello.
s.bartolini
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