Quattro parole. «Io odio essere fotografato». È questo, tolte prefazione e didascalie, l’unico contributo testuale che si trova sul libro Tabularasa. E ovviamente è Rossi a pronunciarlo.
Vasco stupisce. Sempre. E senza volerlo. Stupisce perché è mercante di un bene rarissimo nella nostra epoca storica, nella nostra società, nel nostro quotidiano: la genuinità. Il tour interrotto due estati fa, la miriade di voci che si sono rincorse (e continuano a rincorrersi) sul suo stato di salute,
le supposizioni, i necrologi artistici (e non solo…) già belli e infiocchettati. Lui che sparisce da tutto, da tutti, dai social network, dai network e basta. Via, Tabula rasa. Appunto.
Poi, come per magia, arriva lo scorso 7 gennaio. La data per antonomasia in cui tutto, ogni anno, ricomincia. E, di colpo, (ri)comincia lo show. Lui è ancora qua, eh già.
Sfogli le pagine del libro della premiata ditta Raimondi-Thorimbert e quelle immagini ti raccontano veramente una storia. Senza bisogno di parole. Saltando da qua a là, dal palco del Delle Alpi nel 1991 al tetto del Rosslyn Hotel di Los Angeles nel 2008 per balzare indietro ancora al 1996 e ai caldi colori di Las Vegas.
Scorrendo uno dopo l’altro quei duecento scatti c’è una cosa che entra nell’anima: gli occhi di Vasco. Occhi tanto magnetici quanto trasparenti. Occhi che non sanno mentire, nemmeno a chi non ha mai avuto la fortuna di incrociarli dal vivo. Passano gli anni, il viso dell’uomo di Zocca è via via più segnato, i capelli si accorciano e le rughe si accentuano. Sparisce l’onnipresente cappellino e senza vergogna viene mostrata la fronte sempre più alta. Ed è lì che ti accorgi del perché al Komandante bastano quattro parole per consegnare una (scomoda) verità alla storia. Senza trucchi, senza inganni: lui è “solo” un uomo che non ha mai nascosto niente. Né il suo arresto per droga, né la sua dipendenza dai farmaci, né le sue debolezze, sbandierate a tutto volume dalle casse di milioni di impianti stereo e di centinaia di stadi e palazzetti.
Vasco Rossi piace o non piace, lo ami o lo odi perché è esattamente così come lo vedi. Prendere o lasciare. Ad avercene, in quest’epoca fatta di plastica, botox e apparenza.
Vasco è tornato, evviva Vasco. La fronda dei franchi tiratori ha già caricato le armi della presunzione, pronta a metterlo al muro e certa di decretarne la sua fine. Lui farà spallucce, accennerà il suo ghigno emiliano e li metterà a tacere con una frase fulminante che l’altra metà del cielo, quella che non stava più nella pelle e che sapeva che sarebbe tornato, non vede l’ora di fare propria.
“Se ti potessi dire” si intitola una delle canzoni dell’imminente nuovo album. Un pezzo che il Blasco ha già battezzato «la nuova Sally». Una cosa è certa: quegli occhi non hanno bisogno di condizionali. Dicono, e basta.
Federica Artina
f.artina
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