I leghisti ben dovrebbero sapere che la Lega è una monarchia non costituzionale ma assoluta e, quindi, anche ereditaria. E in una monarchia di tal tipo conta solo il volere del re-capo, eventualmente quello della sua famiglia e dei suoi lacché. I congressi sono quindi una farsa; gli iscritti non hanno il diritto di scegliersi i propri rappresentanti. Nella Lega i dirigenti vengono nominati per
volere di Umberto I Bossi e guai a chi osa criticarlo! E soprattutto guai, e grossi, a chi osa criticare la sua casa reale dalla quale uscirà il suo successore. Ma, cari leghisti, possibile che non abbiate un poco di coraggio e dignità? Vi fa piacere esser trattati da sudditi o, peggio, da servi della gleba al servizio coatto di un padrone assoluto e assolutista?
Carlo Maria Passarotti
Gallarate
Nella Lega lo sanno bene come funziona il loro sistema interno di potere. Il passato è pieno d’accantonamenti, emarginazioni, espulsioni di chi a un certo punto rifiutava l’obbedienza cieca al capo. Ma l’amore verso il movimento, poi partito, era tale che perfino gli esclusi negavano d’esserlo stati. Adesso le cose sono cambiate, la contestazione interna è forte e straripa anche all’esterno. Ciò che rimane intangibile è la figura di Bossi. Né si può ragionevolmente immaginare che potrebbe non rimanerlo. Bossi è la Lega, e nessun leghista oserebbe dirgli che non lo è più. Per questo motivo Maroni non ha ancora portato il suo affondo come le circostanze gli suggerirebbero. Maroni, per quanto critico verso la gestione attuale, non alzerebbe mai la mano verso il sodale che gliel’ha stretta, molti anni fa, in un patto d’amicizia allargatosi ben oltre la politica. E’ Bossi che dovrebbe capire la necessità di svoltare, anziché di continuare ad andare dritto come un treno a duecento all’ora contro l’evidenza di pesanti errori. La vera speranza di cambiamento dei frondisti del Carroccio sta in un sussulto di realismo del monarca. Non in una rottura del lealismo verso di lui.
Max Lodi
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