«Al 17 ottobre finalmente furono aperte le scuole. Vestite in divisa ci siamo recati in cortile delle scuole, è venuto il signor prevosto à benedetto il gagliardetto e il signor maestro Colli ci fece fare il quadrato e la madrina che fu la signorina Trumellini à tolto il velo e si è visto venir giù la tela del gagliardetto, era molto bello e dopo il signor prevosto lo benedì, dopo in fila siamo andati alla S. Messa perchè faccia fare un bel anno scolastico. Finito la Messa siamo andati davanti al Monumento a fare il saluto ai Caduti, in fila siamo venuti al cortile delle scuole, il signor Colli à fatto un breve
discorso e dopo ci fece fare il saluto al Re e al Duce e siamo ritornati a casa».Così, in maniera solenne, si apriva per la scolara Rosa P. l’anno scolastico 1938-1939, che la vedeva frequentare la quinta classe nella scuola di Cilavegna, in provincia di Pavia. Un inizio certamente diverso da quello degli scolari d’oggi, pronti al nastro di partenza con la mente ancora rivolta alle vacanze appena trascorse. È la scuola del ventennio fascista, dei balilla e delle piccole italiane, una scuola asservita alla politica e alla propaganda del regime, con l’obiettivo ben preciso di creare il cittadino-soldato. Su La Provincia del 11 settembre un ampio articolo di Elena D’Ambrosio sul tema.
c.colmegna
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