GALLARATE – Nino Caianiello e Piermichele Miano condannati a 5 anni di carcere in primo grado. La sentenza è stata pronunciata pochi minuti prima delle 19 di ieri dal presidente del collegio Adet Toni Novik (Piera Bossi e Alessandra Simion a latere) dopo una camera di consiglio di un’ora e mezza circa. La vicenda è quella relativa all’area ex Maino di Gallarate, oggi sede dell’ipermercato Esselunga. A puntare il dito contro Cainiello fu, il 19 maggio 2005, Leonida Paggiaro, imprenditore gallaratese, che su quell’area avrebbe dovuto realizzare l’ipermercato poi, in realtà, costruito dalle imprese di proprietà della moglie e delle figlie di Paggiaro che, con un colpo di mano, l’hanno estromesso da tutti gli affari di famiglia. Stando a quanto dichiarato da Paggiaro «Miano mi disse che per veder completato l’iter relativo al progetto avrei dovuto versare del denaro a Cainiello. Mi disse: a Gallarate non si muove foglia che lui non voglia, o paghi o non se fa niente». Miano, quindi, avrebbe agito come emissario dell’ex presidente di Amsc nonché noto esponente provinciale del Pdl. L’accusa iniziale fu di concussione; la condanna di ieri, invece, indica Cainiello e Miano responsabili in primo grado di estorsione: adottando l’ipotesi già avanzata dal tribunale del Riesame di Milano nel 2005 in base alla quale qualora non si fosse trattato di concussione in quanto Cainiello non era un pubblico ufficiale all’epoca dei fatti ma un influente uomo politico, le prove configuravano comunque
un reato di estorsione. La sentenza di ieri si riferisce ad una mazzetta da 250mila euro versata da Paggiaro a Miano che prese i soldi per conto dell’ex presidente Amsc. «E’ provato – ha detto ieri il pubblico ministero Francesca Parola durante la requisitoria – Che quei soldi furono versati in due tranche. La prima da 150 mila euro la seconda da 100. Abbiamo ascoltato il direttore della filiale bancaria di Lugano dove Paggiaro aveva dei conti che ha confermato di aver consegnato quelle cifre, abbiamo i mastrini tenuti dalla moglie di Paggiaro dove sono annotati i versamenti a Miano, abbiamo Paggiaro che dichiara: i pagamenti avvenivano sempre a ridosso delle approvazioni dei permessi relativi al progetto. E ci sono due delibere che attestano questo fatto». Per i difensori, al contrario, Paggiaro è, se non un calunniatore, un uomo «accecato dalla sete di vendetta nei confronti della famiglia che l’aveva privato di tutto – hanno detto Alberto Talamone, Cesare Cicorella e Stefano Besani – Ha denunciato per bloccare il progetto. Se fosse stato concusso sarebbe stato mosso da uno spirito diverso; dallo spirito di chi ha subito un’ingiustizia. Queste, invece, sono le accuse fasulle di un uomo in cerca di rivalsa». Il collegio ha ritenuto credibile l’accusatore agendo di conseguenza; il pm aveva chiesto 6 anni per entrambi gli imputati. I giudici hanno disposto la condanna a 5 anni con un risarcimento di 125mila euro da versare a Paggiaro.
e.marletta
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