Malpensa, il tarlo cinese minaccia la brughiera

MALPENSA Attenti a quel cargo. Servono maggiori controlli sulle merci di importazione in arrivo a Malpensa, non solo per ragioni socio economiche, ma anche ecologiche. La richiesta arriva dal dipartimento di Biologia strutturale e funzionale dell’Università dell’Insubria, preoccupato per il diffondersi di specie alloctone (provenienti da altri continenti) particolarmente infestanti e minacciose, a cominciare dal temutissimo tarlo asiatico.

Si tratta di un piccolo parassita, un coleottero di origine cinese particolarmente aggressivo nei confronti delle nostre piante autoctone. Buca la corteccia degli alberi per deporvi una settantina di uova, da cui si sviluppano larve lunghe sino a cinque centimetri che scavano vere e proprie gallerie dentro tronchi, rami e radici, divorando le piante dall’interno.

Voracissimo in assenza di predatori naturali, è già responsabile della morte di almeno 25mila alberi nella sola Lombardia. Avrebbe già ucciso 50 milioni di piante in Cina e 12mila nella città canadese di Toronto. Nocciolo, acero, betulla e carpine sono le sue vittime preferite: proprio la zona a sud del Varesotto, e in particolare l’area di Malpensa e dintorni, Parco del Ticino incluso, sono tra i territori più colpiti.

Debellarlo oramai sembra impossibile, ma il Pirellone punta quanto meno ad arginare il fenomeno. Perciò la Regione Lombardia ha già speso 16 milioni di euro, spalmati su due piani triennali che coprono il periodo dal 2008 al 2013. Tanti soldi per salvare i nostri boschi, l’economia di settore e la biodiversità attraverso indagini epidemiologiche, abbattimenti programmati e ricerche fitosanitarie.

Il tutto sfociato nel convegno inaugurato ieri proprio al Pirellone: tre giorni di dibattito sull’Anoplophora Chinensis (questo il nome scientifico del tarlo asiatico), in cui esperti provenienti da 15 Paesi si confrontano e cercano delle soluzioni efficaci contro questo parassita.

Tra le proposte già enunciate quella di una “lotta biologica” con la diffusione di un altro coleottero, l’Aprostocetus Anoplophorae, sempre di origini asiatiche, che depone le proprie uova nelle larve del parassita, uccidendole. Oppure dotarsi di “sniffer dog”, bracchi austriaci addestrati alla ricerca del tarlo. Ma non basta.

Secondo Adriano Martinoli, biologo esperto di biodiversità e docente dell’Insubria, la lotta va fatta all’origine: «Fino a quando i cargo merci non saranno controllati, continueremo a importare specie alloctone che minacciano flora e fauna. Il tarlo asiatico oggi è la seconda causa di estinzione delle specie vegetali dopo i mutamenti di habitat».

Lidia Romeo

s.affolti

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